Il Diavolo
massimocavezzali.blogspot.com/‎

Il Diavolo

Nell’ottobre dello scorso anno la rivista Focus Storia dedicava un ampio servizio al diavolo. Come interpretare il fatto che un periodico divulgativo dedichi attenzione a tale argomento? Ritorno di visioni mitologiche? Sintomo di paure diffuse? Tentativo di dare voce a tendenze sotterranee dell’animo umano? Le ipotesi possono essere tutte plausibili. Di fatto si riscontra la rinascita di interesse per un tema che sembrava ormai relegato nelle anticaglie. Ne sono indizio non tanto i rari, benché eclatanti, episodi di satanismo venuti alla ribalta negli ultimi tempi, quanto il moltiplicarsi delle persone che fanno ricorso agli esorcisti: i cinque preti incaricati dal vescovo Luciano Monari per questo servizio di essere subissati di richieste, sebbene non sia facile discernere se si tratti effettivamente di casi di possessione diabolica o di turbe psichiche. Se poi si dà uno sguardo alla pubblicistica relativa alle pratiche di esorcismo, si resta impressionati della quantità di titoli. Ci si trova pertanto di fronte a un ritorno del diavolo?

Alla fine degli anni ’60 del secolo scorso aveva fatto discutere vivacemente un libretto dell’esegeta tedesco Herbert Haag, Abschied vom Teufel, che la casa editrice Queriniana di Brescia aveva tradotto ponendo, per prudenza, un punto interrogativo al titolo in italiano Liquidazione del diavolo? A distanza di alcuni decenni si deve dire che il diavolo cacciato dalla porta è rientrato dalla finestra? Sembra sia proprio così. Nel 2004 la ricercatrice tedesca U. Leimgruber lo aveva già segnalato ampiamente in una tesi discussa alla Facoltà Teologica dell’Università di Graz: Kein Abschied vom Teufel: eine Untersuchung zur gegenwätigen Rede vom Teufel im Volk Gottes, LIT, Münster 2004 (Nessuna liquidazione del diavolo: una ricerca sul discorso attuale circa il diavolo nel popolo di Dio). Con dovizia di documentazione nell’opera si mostrava come soprattutto nel popolo il diavolo è tutt’altro che scomparso, in particolare nei movimenti che dicono riferimento al fenomeno Medjugorie o nei gruppi marginali al movimento Rinnovamento nello Spirito. Come si può spiegare questo rinato interesse nel tempo del dominio del pensiero scientifico? Si tratta di una rivalsa dell’irrazionale nei confronti della pretesa di spiegare tutti i fenomeni della vita umana riconducendoli a moti fisiologici o a influssi sociologici? Quand’anche fosse così, ci si dovrebbe domandare perché si dia questa rivalsa. Sarebbe troppo semplice attribuirla al desiderio di uscita da un mondo troppo amministrato e quindi al tentativo di ritagliare spazi per il sentimento a fronte della fredda ragione. Ovvio che nel sottofondo si possa individuare anche una forma di denuncia nei confronti di un pensiero che non lascia posto alla poesia, al sogno, all’immaginazione. Ma ci si potrebbe anche domandare se non si tratti del recupero di una verità da molti ritenuta obsoleta, da lasciare agli spiriti ingenui un po’ retro.

Quale sarebbe la verità? È noto che in tutte le culture e religioni si è mantenuta la credenza in una forza maligna che determina in senso negativo l’esistenza umana, e nei confronti di essa gli umani non posso fare altro se non affidarsi a una forza corrispettiva benefica più forte della prima. Semplice proiezione di dinamismi intrapsichici? O non piuttosto percezione che la vita degli umani non è totalmente nelle loro mani? La questione sorge soprattutto di fronte al male radicale. Si può pensare che le atrocità di cui la storia ci dà notizia siano tutte e solo da ascrivere alla malvagità dei cuori umani? E come questi possono giungere a limiti estremi?

I sistemi dualistici hanno immaginato che lo scontro tra il bene e il male di cui gli umani sono vittime fosse riconducibile a due forze trascendenti in lotta perenne tra di loro. Nella tradizione ebraico-cristiana questo orientamento non è stato accolto, e si è pensato che alcune forme di male fossero da ascrivere a una potenza mortifera, nemica di Dio e degli umani, ma sottomessa allo stesso Dio, che alla fine risulterebbe vincitore. Il nome dato a questa potenza si è gradualmente diversificato: da satana, che vuol dire avversario, a diavolo, che vuol dire divisore, a demonio, che vuol dire forza che sovrasta, al più generico spirito impuro, la terminologia è variata, ma il contenuto è quasi il medesimo; si tratta di una forza che solo Dio sarebbe in grado di sottomettere. Da qui sono venute le preghiere di esorcismo, il quale, va ricordato, non è un atto magico, bensì una invocazione a Dio padrone della vita affinché liberi le persone che si trovano sotto il potere malefico. Non si tratta però di una persona: non a caso le raffigurazioni di questo spirito danno l’idea di un essere deformato, appunto il contrario dell’armonia di chi è uscito dalle mani di Dio.

Si deve concludere che il diavolo è solo la proiezione della impotenza umana di fronte al male? Per di più una proiezione che vorrebbe sgravare gli umani della loro responsabilità? Non ci si può nascondere che la ricerca di innocenza può provocare la demissione di responsabilità creando esseri ai quali il male compiuto sarebbe da attribuire. Ma si può ritenere che accada sempre così? Non si può ammettere che gli umani colgano anziché creare questi esseri quando si trovano di fronte al male radicale?

Chi volesse trovare risposte a questi interrogativi potrebbe leggere il volume preparato da alcuni docenti dello Studio Teologico del Seminario di Brescia, Il Diavolo (Morcelliana, Brescia 2013) che verrà presentato mercoledì 13 novembre alle 18.15 alla Libreria Paoline.

About the Author

Mons. Giacomo Canobbio

Mons. Giacomo Canobbio

Giacomo Canobbio è Delegato vescovile per la pastorale della cultura e Direttore dell’Accademia Cattolica di Brescia. Presidente dell’Associazione teologi italiani dal 1995 al 2003, è Professore di Teologia sistematica presso la Facoltà Teologica dell’Italia settentrionale.