2021 - 2022 la fraternità tra utopia e possibilità

La fraternità
tra utopia e possibilità

Ci sono avvenimenti che hanno valore di simbolo: indicano in maniera profetica un percorso per l’umanità. Tra questi, negli ultimi due anni, se ne possono annoverare due: la Dichiarazione di Abu Dhābi sottoscritta il 4 febbraio 2019 da Papa Francesco e dal Grande Imam di Al-Azhar Ahmad Al-Tayyeb e il viaggio di Papa Bergoglio in Iraq agli inizi di marzo 2021.



Si tratta di avvenimenti che rivestono una singolare rilevanza religioso-culturale e politica: destituiscono di valore la teoria dello scontro di civiltà di Samuel P. Huntington (1996) e propongono un nuovo percorso per l’ordine mondiale, non più fondato sulla contrapposizione, bensì sulla fratellanza. In un contesto politico che sembra gradualmente svigorire i sovranismi, la prospettiva della fraternità universale fondata sulla uguale dignità di ogni persona umana appare affascinante – da sogno, per usare il linguaggio di Papa Francesco – ma proprio per questo rischia di diventare poco praticabile. In effetti, i processi avviati dalla globalizzazione, che avevano fatto sperare in una nuova umanità, non sono riusciti a far superare le differenze tra popoli e persone, pare anzi le abbiano accentuate. Per questo si riaffacciano ombre oscure che sembrano cancellare l’idea di un futuro di pace e di riconciliazione.

L’Accademia cattolica, fedele al significato fondamentale dell’aggettivo che la caratterizza, vuole proporre un percorso di riflessione che aiuti, da una parte, a capire le ragioni della sfiducia che attraversa molte persone, dall’altra che stimoli a ridestare il sogno di un’umanità casa di tutti, senza distinzione di cultura, di censo, di religione. Si tratta di riprendere un’istanza che fu all’origine dell’epoca moderna e di ripensarla tenendo conto delle nuove condizioni nelle quali l’umanità si trova. Guida ispiratrice sarà l’enciclica Fratelli tutti, sintomaticamente firmata ad Assisi il 3 ottobre scorso da Papa Francesco, che nelle ultime pagine riprende la Dichiarazione di Abu Dhābi. In essa si può riconoscere una provocazione a pensare e ad agire quasi controcorrente ridestando un desiderio che abita la mente e il cuore delle persone che non si vogliono adattare al dato di fatto. La storia non è finita, come invece aveva suggerito nel 1992 Francis Fukuyama nel suo La fine della storia, peraltro in parte corretto con l’opera Fiducia del 1996. La storia è nelle nostre mani e diventarne protagonisti significa “immaginare” percorsi culturali e politici che facciano rinascere fiducia, con il realismo profetico che Papa Francesco e i Grandi Imam Ahmad Al- Tayyeb e Al Sistani hanno condiviso.


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