Oltre l’umano: la tecnica nuovo soggetto dell’evoluzione

Relatore Luca Grion, Professore Associato di Filosofia Morale Dipartimento di Studi Umanistici e del Patrimonio Culturale presso l'Università degli Studi di Udine

Fin dalla notte dei tempi l’uomo si è manifestato come un animale tecnico, desideroso di migliorare le condizioni della sua esistenza. All’inizio del terzo millennio, l’evoluzione biologica che ha prodotto l’homo sapiens pare non bastare più. Lo sviluppo tecnologico ha provocato un’accelerazione nel processo evolutivo e ha portato a pensare che, per l’uomo, sia iniziata una nuova stagione, non più etero-diretta dai meccanismi lenti e naturali della evoluzione, bensì dall’uomo stesso.

L’uomo moderno si ritiene in grado di prendere le redini del cambiamento e di decidere da sé, in tempi più rapidi, il suo destino. Nell’immaginario di alcuni scienziati-ricercatori l’incedere, sempre più rapido, della tecnica consente all’uomo di prendere congedo dalla propria fragilità e finitudine, e di superare anche il limite estremo della morte, fino a esercitare il controllo sul ‘bene e sul male’.  Non è pertanto difficile comprendere che si sta andando oltre la condizione umana fin qui vissuta. In questo senso si è introdotto il termine “post-umano”. I post-umanisti parlano già di poter far vivere, a breve termine (entro il 2045), senza data di scadenza.  Nella loro visione meccanicistica, la vita umana è paragonata ad un meccanismo complesso. Si tratterebbe quindi di conoscere meglio il funzionamento del meccanismo e si aprirebbe la possibilità di emendare la ‘macchina uomo’ da tutti i suoi elementi limitanti. A ben guardare, assumere questa prospettiva sarebbe l’avvio di un mondo di solitudine, perché nel momento in cui ci fossero degli esseri totalmente autonomi, questi non avrebbero più bisogno di nessun altro. Si impone quindi la riflessione su che cosa intendiamo per umano. Chi ha stabilito che l’umano sia necessariamente come lo stiamo sperimentando? Dobbiamo prendere congedo dalla natura umana? Quale meta, dopo aver preso congedo dalla natura umana? È possibile che ogni limite sia sempre un male?

La vera sfida filosofica ed etica consiste nel riflettere, in modo serio, sulla nostra finitudine. Paradossalmente, essa ci offre la possibilità di sperimentare la bellezza proprio della relazione che è resa vera nel momento del bisogno. In altri termini, la sfida consiste nel verificare che cosa renda veramente buona la vita e che cosa la guasti. Il problema non è la tecnica né il desiderio di migliorarsi, che fan parte della nostra natura, ma è l’uso della tecnica stessa e la capacità di tenere l’equilibrio tra il desiderio di migliorarsi e l’accettazione del limite, che diventa in realtà confine.  Il racconto di Icaro, espressione della saggezza greca, ci potrebbe ancora aiutare. 

Mercoledì, 09 Aprile 2025 | sr Emilia Maestri