Andrea Plebani - Rifondare la carta dei diritti dell’uomo su un orizzonte universale

Relatore Andrea Plebani

La Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, approvata il 10 dicembre 1948 dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, ha rappresentato sin dalla sua fondazione uno dei capisaldi attorno ai quali si è cercato di costruire un futuro chiamato a impedire il riproporsi delle atrocità che avevano segnato in maniera indelebile la prima metà del XX secolo. In tal senso essa è divenuta un punto di riferimento per intere generazioni, contribuendo al consolidamento di una fratellanza universale idealmente fondata sulla protezione di diritti e libertà considerati inalienabili.

Con il passare del tempo, però, proprio la natura universale della Dichiarazione è divenuta oggetto di un dibattito sempre più acceso, teso a evidenziare la presunta dipendenza del documento da una Weltanschauung di stampo marcatamente “occidentale”. 

È muovendo anche da tali considerazioni che diversi attori hanno proposto visioni complementari, e in alcuni casi, alternative, a quelle che avevano informato la Dichiarazione del 1948, spesso operando attraverso iniziative su scala regionale.

La regione mediorientale allargata ha rappresentato e rappresenta, in questo senso, un caso particolarmente significativo, sia perché al suo interno si sono levate con forza voci di disallineamento rispetto ad alcuni passaggi della Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo, sia in relazione alla difficile situazione relativa alla tutela dei diritti umani in molte sue parti.

Se nel 1948 la questione emerse in maniera evidente in occasione dell’astensione decisa dal governo saudita, essa assunse un peso più significativo con l’ascesa delle componenti fondamentaliste all’interno del mondo islamico. Non a caso fu la Repubblica Islamica dell’Iran a promuovere nei primi anni Ottanta del secolo scorso un processo che avrebbe poi portato all’approvazione della Dichiarazione dei diritti umani nell’Islam (Il Cairo, 5 agosto 1990).

Le forti critiche che accompagnarono il documento, i profondi cambiamenti seguiti alla fine dell’ordine bipolare, l’emergere della minaccia jihadista e l’esplosione delle “primavere arabe” favorirono però l’avvio di un confronto interno al mondo islamico che avrebbe portato nel 2020 all’elaborazione della Dichiarazione dei Diritti Umani dell’Organizzazione della Cooperazione Islamica.

Per quanto lungi dall’aver portato a una sostanziale armonizzazione delle posizioni espresse dai paesi dell’Organizzazione della Cooperazione Islamica con la Dichiarazione del 1948, la carta del 2020 ha fatto segnare importanti passi in avanti rispetto alla Dichiarazione del Cairo. Essa si è inoltre innestata all’interno di un processo di dialogo interreligioso che, soprattutto negli ultimi anni, ha posto la tutela dei diritti fondamentali al centro del proprio programma, come dimostrato recentemente dal viaggio compiuto dal Pontefice in Iraq.

Si tratta, ovviamente, di un percorso complesso e di lungo periodo, capace però di evidenziare la fragilità delle fondamenta teoriche su cui si basano i sostenitori di un inevitabile scontro di civiltà e di creare le condizioni per far dialogare tra loro concezioni dell’uomo e dei suoi diritti diverse ma tutt’altro che antitetiche

Bibliografia di riferimento:

  • Turan Kayaoglu, The Organization of Islamic Cooperation’s Declaration on Human Rights: Promises and Pitfalls, Brookings Doha Center, settembre 2020.
  • Martino Diez, Libertà religiosa, Dizionario di dottrina sociale della Chiesa, 2:2021.
  • Documento sulla fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza commune, 4 febbraio 2019

Parole chiave: dialogo, diritti, fondamentalismo, islam, libertà, occidente, uomo.

Keywords: dialogue, fundamentalism, freedom, human being, Islam, rights, Western civilization.    

Giovedì, 02 Dicembre 2021 | Francesco Tomasoni