MARX antidepressivo

MARX antidepressivo

Aessere alienata è sempre di più la stessa percezione del tempo. Ed è sudi essa che s’è soffermato Diego Fusaro nei suoi saggi.

La spaesatezza diviene un destino mondiale. Per questo è necessario pensare questo destino in relazione alla storia dell’essere. Ciò che Marx, partendo da Hegel, ha riconosciuto in senso essenziale e significativo come alienazione dell’uomo, affonda le sue radici nella spaesatezza dell’uomo moderno (…). Poiché Marx, nell’esperire la alienazione, penetra in una dimensione essenziale della storia, la concezione marxista della storia è superiore a ogni altra “storiografia”».

Sono le parole con le quali Martin Heidegger, in un saggio del 1949, Lettera sull’umanismo, mostra la persistente attualità dell’analisi marxiana dell’alienazione, al di là del fallimento politico del marxismo.

Alienazione come scissione dell’essenza umana del lavoratore nel rapporto sociale capitalistico. Un’alienazione divenuta — nel tempo della globalizzazione, quando il mercato rappresenta «il metro» di riferimento — universale: ogni forma di vita è valutabile come merce. Ancor più in forza dell’innovazione tecnologica: necessaria per lo sviluppo economico, inquietante per gli effetti umani. Una irreversibilità del dominio della tecnica che diventa sradicamento mondiale: una «furia del dileguare» che non solo distrugge creativamente i modi di produzione, ma anche dissolve le comunità sociali. Donde le migrazioni continentali, lo spaesamento nazionale, lo smarrimento individuale. Una mobilitazione totale che buona parte del più avvertito pensiero contemporaneo— da Marx a Nietzsche, da Weber a Carl Schmitt, da degger a Severino—ha cercato, pur con diversi accenti, di interpretare attraverso una costellazione di categorie: nichilismo, alienazione, estraniamento, razionalizzazione. Con un ulteriore passaggio d’epoca: a essere alienata è sempre di più la stessa percezione del tempo.

E dè su di essa che s’è soffermato Diego Fusaro nei suoi saggi, particolarmente in «Bentornato Marx» e «Essere senza tempo. Accelerazione della storia e della vita» (Bompiani).

A lla luce anche degli studi dello s torico tedesco Reinhart Koselleck, Fusaro mostra come lo sviluppo capitalistico abbia, con la globalizzazione e la rivoluzione informatica, portato a un capovolgimento della relazione tra passato, presente e futuro.

La necessità di andare sempre oltre nella scoperta tecnologica da un alto riduce il passato a materiale di consumo per costruire il futuro, dall’altro questa spasmodica accelerazione verso il futuro annichila lo spazio dell’esperienza vissuta.

La storia è protesa verso un domani che distrugge il presente, contraendo sé stessa verso un dopo senza senso. Il risultato è un eterno ritorno dell’uguale - ogni cosa è merce, intercambiabile - che ha effetti devastanti dal punto di vista psichico: la depressione – come mostrano le ricerche sociologiche di Hartmut Rosa e psicologiche di Alain Ehrenberg - sta diventando la cifra della paralisi interiore dei soggetti; è la «fatica di essere sé stessi» in una storia che divora coloro che inconsapevolmente la fanno.

Se per alcuni pensatori, tra i quali Fusaro, la ripresa dell’utopia marxista può contrastare questo corso del mondo, v'è da chiedersi se lo stesso marxismo, come ha osservato Augusto Del Noce, riducendo l’essenza dell’uomo a relazione sociale non sia stato, inconsapevolmente, alle origini di questo nichilismo che la Tecnica (come pensiero incarnato) porta a compimento.

Cosa è la Tecnica se non la più potente realizzazione dell’uomo come relazione sociale? Forse, solo pensando l’essenza dell’uomo oltre questa cieca immanenza si può sperare di porre un argine a un progresso che ha sempre più i tratti di un fatale destino. Un «forse» custodito dalle parole eterne delle religioni e dell’arte.