ISTITUZIONI A UN BIVIO. LA SVOLTA DELLE SCUOLE CATTOLICHE

ISTITUZIONI A UN BIVIO. LA SVOLTA DELLE SCUOLE CATTOLICHE

Le intuizioni, se vogliono durare, devono fissarsi in istituzioni. L'affermazione potrebbe apparire troppo perentoria e far passare da «conservatore» chi la scrive: sembrerebbe infatti che le istituzioni mortifichino la libertà e la freschezza delle intuizioni. A ben guardare, ciò che non prende corpo, gradualmente si smarrisce, perde identità ed efficacia. Lo avevano capito bene i nostri padri, i quali intuita la necessità di offrire educazione, cultura, formazione soprattutto alle nuove generazioni, avevano fondato scuole di ogni ordine e grado, case editrici, istituti di beneficenza, cercando di garantire anche le finanze necessarie perché queste opere potessero durare nel tempo. La capacità imprenditoriale si coniugava così con la passione educativa.

Di tutto questo Brescia può essere orgogliosa, e non mancano le circostanze nelle quali si guarda al passato, quasi beandosi della creatività di chi ci ha preceduto. Lo sguardo al passato diventa però anche una provocazione, soprattutto in un tempo di scarse disponibilità finanziarie. Chiunque guardi alla storia libero da mitiche esaltazioni non può non domandarsi se le istituzioni nate in congiunture decisamente più difficili delle attuali riescano oggi a mantenere la vitalità che esprimevano al loro sorgere.

Si deve certamente mettere in conto che chi ha avuto le intuizioni aveva pure maggiore chiaroveggenza di chi ha ricevuto in eredità il frutto di esse. Resta tuttavia l'interrogativo se proprio il fatto di avere avuto un'eredità non rischi di portare a conservarla senza la spinta creativa che l'aveva fatta sorgere.

Brescia è ricchissima di iniziative sorte in ambito cattolico nel secolo scorso — in buona parte nella prima metà — e oggi si sta domandando se esse debba-no ancora essere mantenute, soprattutto nella forma che avevano assunto agli albori. L'idea di trasformarne l'organizzazione per ridare loro vita sembra qua e là suscitare qualche timore: ognuno sembra geloso di quanto deve custodire e pare pensi alla custodia come conservazione di stili, di dirigenza, di obiettivi che furono caratteristici di una stagione ormai tramontata. I tentativi di creare coordinamento, condivisione di strategie, riorganizzazione dei gruppi dirigenti, faticano ad essere accolti.

Pare serpeggiare il timore che qualcuno voglia impossessassi di tutto con intenti centralizzatori che mortificherebbero la ricchezza trasmessa dal passato, da ascrivere al carisma dei fondatori e, in ultima analisi, allo Spirito Santo. Perdere tale ricchezza sarebbe sicuramente delittuoso.

Ci si può tuttavia domandare se, venuti meno i sostegni finanziati a causa della crisi economica, non sarebbe saggezza cercare di uni-re le forze per raggiungere gli obiettivi che i fondatori si erano posti. La domanda riguarda le scuole cattoliche, ma anche altre istituzioni. La crisi delle une e delle altre non è però solo economica. Con un po' di coraggio si potrebbe riconoscere che in una Brescia non più cattolica come si vorrebbe continuare a credere non è possibile mante-nere tutto quello che il passato ci ha trasmesso. Almeno se non si vuole che la preoccupazione di mantenere tutto non produca la morte di tutto.