In attesa del nuovo Papa

Nero, giallo, bianco, italiano, americano, di curia, pastore. Inevitabile che si tenti di indovinare come sarà o dovrà essere il nuovo Papa: i processi proiettivi appartengono agli umani e si mettono in atto nelle più diverse circostanze. A essi seguono i commenti delusi o entusiastici, che in verità durano poco: la vita inghiotte ogni avvenimento in breve tempo. E Brescia cosa può aspettarsi?

La storia del cattolicesimo di casa nostra è una storia di fedeltà; nessun sciovinismo ecclesiale la contrassegna; lo si è visto anche quando fu eletto un bresciano a capo visibile della Chiesa cattolica. Ciò sta a dire che chiunque verrà eletto, il Papa per i cattolici bresciani sarà anzitutto il successore di san Pietro al quale prestare devoto ossequio e obbedienza. Ovvio che lo stile e la visione, derivanti anche dalla provenienza, possono orientare la vita ecclesiale, anche nostra, in forma diversa. Ma appunto ‘orientare’, poiché la vita ecclesiale si svolge non sui grandi scenari mondiali, bensì nelle relazioni quotidiane, nella corresponsabilità spicciola, nella apertura ai problemi delle persone. Totale indifferenza, quindi, a ogni scelta? Tutt’altro. Piuttosto disponibilità ad accogliere quello che il Signore Gesù, cui spetta la guida della Chiesa, come ci ha ricordato l’ex Benedetto XVI, farà conoscere come suo vicario. E il compito del vicario è quello di rappresentare nel modo più adeguato possibile chi lo designa. A partire da qui si potrebbe tentare (osando) di tracciare un ipotetico identikit del nuovo Papa, visto dal nostro angolo di osservazione. A cinquant’anni dall’inizio del Vaticano II, gli si potrebbe chiedere di aiutarci a trovare nuovi linguaggi per dire la fede di sempre, oltre la ripetizione stereotipa dei medesimi termini, che pur dicendo verità altissime non sono più compresi; di risvegliarci alla consapevolezza che tutti i fedeli ricevono dal Signore Gesù la chiamata a partecipare alla missione della Chiesa, oltre ogni forma di delega; di stimolarci ad aprirci a orizzonti mondiali: la Chiesa è cattolica, cioè aperta al tutto e a tutti e quindi capace di dialogare con tutti, senza pregiudizi; di farci riscoprire il gusto della ricerca anche nell’ambito della fede, oltre le nostalgie del passato e la riproposizione di stili vetusti identificati con la verità; di chiederci di obbedire con ‘ragionevole’ ossequio, l’unico degno di persone umane intelligenti; di ricordarci con passione che non la Chiesa (o gli uomini di Chiesa), ma il Signore Gesù è il nostro Salvatore; di mostrarci con la sua libertà e semplicità che lo Spirito, non l’autorità, è l’anima della Chiesa; di attuare con dedizione e levità il pesante compito che il Signore gli affida, sicuro che il medesimo Signore non ha abbandonato la sua Chiesa e continua a invitarla a conversione, oltre che ad assisterla con il suo Spirito. È presunzione osare esprimere auspici? E se fosse invece manifestazione di coscienza ecclesiale maturata in un ambiente nel quale l’amore alla Chiesa e al Papa permangono, pur in mezzo a tanti limiti, anche perché Brescia è stata e sarà fedele a qualsiasi Papa?

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