Fuoritema per Brescia

Fuoritema per Brescia

Un giorno, mentre trafficavo in studio, vengo raggiunta da una telefonata di Francesca . La mia amica mi estende coraggiosamente un invito..: "te la senti - mi chiede - di prendere parte ad una giornata di studi sulla bellezza, ed illustrare come la bellezza sia caratteristica fondamentale nella costruzione della città?".

I

Da parte mia, io ho letteralmente fatto un salto sulla sedia :troppe incertezze; moltissime lacune scientifiche; sapere superficiale e bulimico - come e’ il sapere degli artisti -, che fanno irruzione senza molti scrupoli, di qua e di la’ frai banchi degli studiosi, guidati da nessun’altra urgenza se non dalle necessità del progetto che stanno seguendo in quel momento. Comunque venga raccontata, questa è una antica verità che non ha risparmiato neppure Biagio Rossetti quando ha disegnato la stupefacente Addizione Erculea a Ferrara, (dalla fine del Quattrocento ad oggi, oggetto – funzionante - di continua ammirazione): agli artisti, a tutti gli artisti, in fondo, interessa solo ed esclusivamente la loro opera. E dunque: in cosa potrebbero essere di aiuto al resto del mondo?

“Il volto; Il bene comune; La sfida della bellezza : dal volto della città storica, al volto dei suoi abitanti”: è il titolo che ho letto sul programma, mentre mi suonavano in mente tre frasi e, più tardi, una imagine:

bello non è solo come appare. Bello è anche come funziona
Da troppo tempo bella, non più bella fra poco, colei che vide al gioco la bimba Graziella
Lanterna del cuore è l’occhio

La prima mi sono accorta che è parafrasi di una famosa dichiarazione di Steve Jobs.
Lui aveva detto: "design non è solo come appare. Design è come funziona": evidentemente ho pensato alla questione del bello applicato; mi sarà venuta in mente per il problema del senso della bellezza.

La seconda, parla di bellezza di un volto nella poesia “Le due strade“ di Guido Gozzano: forse mi è venuta in mente perchè ci sono le strade e poi i volti e c’è anche la questione del tempo e della bellezza “vera”.

La terza, la ricordo da sempre, dal Vangelo. Non so citare con precisione il versetto, ma mi suona continuamente in capo perchè qui c’è il nodo centrale dello sguardo e del cuore..., e poi mi è sempre sembrato che vi aleggiasse il tema della poesia.

Così, ho avuto la certezza di una cosa : niente avrebbe potuto proteggermi dall’andare fuori tema. Prendendo appunti dietro ai miei pensieri, ho modificato la certezza in un dovere; poi, ancora, in una promessa. Avete chiesto la riflessione ad un artista: vi prometto che andrò fuori tema; è il minimo che posso fare per voi. I miei saranno, dunque, “Appunti di vista”:

La produzione è una risposta ad un bisogno. Nel caso dell’arte, il mettere in pratica un’idea si traduce nell’urgenza di materializzare una possibilità per far sì che in questa si riflettano nuove ottiche.
E’ un salto da una cosa all’altra, un susseguirsi conseguenziale di occasioni, casualità complici delle necessità. E’ andare avanti.

L’ arte, essendo una necessità, vive indipendentemente dal gusto estetico di piacere o non piacere, eppure emergono puntualmente questioni che si incagliano in un tragico fraintendimento dell’esistenza o del ruolo dell’aspetto formale/stilistico e dei tecnicismi, tralasciando il nocciolo fondamentale della questione riguardo al ruolo della creatività ed alla sua connessione con il progresso, e al posto e significato della bellezza.
Cos’è la bellezza? Cosa c’entra con l’arte? E, soprattutto, “serve”?
Voglio condividere con voi un sospetto: qualcosa mi dice che il vero imbarazzo si presenti di fronte alla realtà del corpo, chiamato subliminalmente - ma non proprio tanto - in ballo dai termini di cui sopra.
Corpo di-città-corpo-di-persona-schema corporeo; Corpo nella città; Relazione fra corpi; opere con opere; opere con persone; strade con strade; persone con persone e via di seguito : Il Sudoku è infinito.
E poi, ancora, il concetto di creatività come strettamente connesso alla soddisfazione dei bisogni.

II

Qualche anno fa, sono rimasta molto colpita da un brevissimo articolo che, su Repubblica, riportava una scoperta archeologica annunciata dalla rivista scientifica Nature : "nuovi flauti documentano la prima tradizione musicale nel sud-ovest della Germania."

Nella grotta di Hole Fels (20 km ad ovest di Ulm – Germania , valle di Ach) , gli archeologi hanno trovato i resti di quattro flauti, tra cui uno in particolare costruito con ossa di grifone. Gyps Fulvus, una tipologia di esemplare che possiede un’apertura alare frai 230 ed i 265 centimetri, in grado quindi di offrire ottime ossa per flauti di grandi dimensioni. Sul fusto del flauto, lungo circa 28 centimetri, sono presenti cinque fori : tanti quanti quelli necessari per suonare le cinque note ed il reperto presenta un’intagliatura a “V”, il taglio che determina l’imboccatura del flauto.

La storia del flauto di Hole Fels è una storia in tema, perchè ci parla di sopravvivenza e progetto, guadagnati alla specie dei suoi costruttori nell’alto Paleolitico.
Il flauto di Hole Fels, in particolare, ha messo gli studiosi di fronte a considerazioni che escludono il fatto che le possibilità di sopravvivenza della specie che, dai primati bipedi, ha raggiunto l’Homo Sapiens - e cioè il genere umano - , siano legate esclusivamente a condizioni biologiche.
Si fa sempre più strada l’ipotesi che la produzione e l’uso di uno strumento che molti definirebbero “non utile” ( ovvero : qualcosa che non serve a soddisfare i bisogni primari necessari alla sopravvivenza ) nel miglioramento delle chance di sopravvivenza, determini più precisamente l’inserimento di altri sistemi fondamentali allo sviluppo, alla soddisfazione dei bisogni, e quindi all’esistenza.
Se possiamo affermare che già l’uomo preistorico basava la sua esistenza sull’assoluzione delle proprie necessità, che ruolo ricopre in seguito a questi ragionamenti il concetto di bellezza e di creatività? E quanto questi vanno ritenuti funzionali al “progetto”?

Giorgio Manzi, paleontologo e antropologo, in una intervista pubblicata su Repubblica dice:

"non solo cacciatori. Quei precursori dell’Homo Sapiens avevano già iniziato a riempire il mondo dei loro simboli. Non si accontentavano di sopravvivere, sentivano il bisogno di esprimere il loro mondo interiore" ed alla domanda: "I Neanderthal amavano la musica?" risponde:
"No. solo i primi sapiens, che sono i precursori dell’umanità moderna mentre i Neanderthal si sono estinti poco dopo. Non è escluso che questa capacità di andare oltre la mera sopravvivenza sviluppando arte e socialità, sia stata proprio il segreto del successo dei nostri antenati e la causa della scomparsa dei loro cugini Neanderthal, che pure avevano un cervello di dimensioni simili".

Ci siamo salvati grazie alla poesia.

Provate a rileggere queste parole pensando ai ragazzi sotto portici già degradati di alcune nuove zone di recente costruzione, e ditemi se non possiamo tutt’ora dire che il bisogno di socialità e di progetto, e di capacità di pensarsi diversi da come si è, in luoghi diversi da quelli che sembrano rendere tanto difficile esprimere la necessità interiore, non appaiano presenti e attuali ancora oggi come alle origini. Chiediamoci se la poesia, l’arte, “servano“ o meno; se la bellezza vada considerata un attributo oppure un carattere costitutivo interno alla strutturazione dei nostri pensieri ( pensate alla riscoperta dell’anima di Franco Fornari, solo per citare un esempio..).
Ogni città esprime e trasmette al suo primo impatto lo spirito che la anima, così come siamo tutti più o meno vicini a constatare che ad una certa età ciascuno ha la faccia che si merita.
Arte è sinonimo di bellezza? Bellezza è come dire “la panna sulla torta?”

La struttura architettonica dell’arte può essere un luogo dell’abitare? (Impossibile non ricordare che noi abitiamo presso chi ci ama.) Oppure un’ideologia per rispondere alle proprie esigenze? Un riflesso materiale della propria prospettiva come sintesi del concetto del vivere-in?

L’arte porta ad una sequenza di domande non conclusive perchè ‘aperte’, devianti e fuori tema secondo alcuni . L’effetto deriva dal semplice dato che l’arte sembra più adatta a porre domande, piuttosto che a fornire risposte impacchettate e certe. Il significato preesistente limita, per sua anatura, ad un concetto stabilito, laddove la domanda propone nuovi scenari.
Mi domando dunque: è proprio vero che “Le sfide minacciano?” O non potremmo piuttosto convenire sulla possibilità che interroghino; ingaggino;chiamino a raccolta? Ci tengano svegli?
Così come è molto utile ai pittori ribaltare i quadri per capire se la pittura procede bene, molte rivoluzioni sono nate di punti di vista ribaltati; cambiamenti di sguardo.
<< Roba da poeti >>, penseranno i miei illustri lettori, da gente che maneggia il linguaggio.

III

Una lingua è segni e struttura ed ha a che fare con il concetto di corpo e di corpo nello spazio : se non so che esisto tridimensionalmente, non parlo e non mi muovo. A proposito della parola e dello spazio, vi voglio raccontare una delle mie fantasie a proposito della lingua tedesca e della propensione alla strutturazione di opere spaziali-installazioni soprattutto- dei tedeschi : ho sempre creduto che ci fosse una rspiegazione linguistica al fatto che gli artisti tedeschi siano frai migiori installatori (ovvero : autori di installazioni) della contemporaneità. Mi piace credere che la necessità di esprimersi usando una lingua che obbliga a mettere il verbo in fondo alla frase ed a strutturare la frase stessa con un millesimo neuronale di anticipo, per il semplice fatto che il Tedesco necessita del rispetto delle declinazioni, implichi un concetto prospettico e tridimensionale del pensiero. La mia ‘ fantasia’ è che l’attenzione impegnata sul doppio binario della parola vicina nella frase spaziata, sia molto vicina all’esercizio neurologico e ginnico che impegna lo schema corporeo nel posizionare qui vicino a me un oggetto adesso, mentre non perdo la consapevolezza della totalità della stanza.
Particulare ed universale insieme, per dirla con Machiavelli . Chissà se c’è qualcosa di vero nella mia idea della corrispondenza fra la stanza di una frase in cui deve strutturarsi un pensiero e la possibilità di agire in uno spazio di un corpo al lavoro su un elaborato visivo tridimensionale….

IV

La questione delle proporzioni, del ritmo e del movimento che porta con sè l’idea di misura e di svolgimento, ci tiene agganciati alla questione della poesia.
Il volto di Piero ( della Francesca ) era prospettiva; il volto di oggi è la scoperta di un bello che nasca da uno sguardo diverso che non necessariamente abbatte, ma che integra, ingloba, sposta, i punti cardinali. Cosa che riguarda da vicino lo sguardo poetico che è coraggio non premeditato, capace di accorgersi delle cose.
Se Picasso diceva "io non cerco: trovo", Sharlock Holmes diceva "elementare, Watson!". Ovvero: la risposta è già sotto gli occhi di tutti e l’investigatore si limita a renderla percepibile.
I poeti sono investigatori; gli artisti sono investigatori; gli artisti sono poeti.
La sfida della bellezza è vedere la bellezza dove già si trova, perchè la si vede con gli occhi dell’investigatore che è il poeta. Da lì ripartire con nuove trame e orditi.
Se Gesù ci incita a diventare come bambini o a tornare nel ventre della madre, Picasso ( senza voler essere blasfemi ) diceva più o meno: da giovane dipingevo come un dio, ci ho messo tutta la vita ad imparare a dipingere come un bambino. Più precisamente, a disegnare come un bambino.
Nella parola disegno sta la chiave della natura della poesia, come sguardo che sa ridefinire e rinvenire la bellezza e diffonderla con nuovi canoni proporzionali, nuovi rapporti di misura cresciuti sui vecchi.
Dante aveva detto di Giotto, che ridusse la pittura dal greco al latino e dal volgare al moderno; ovvero pittura aperta, consapevole delle sue radici ed aperta ai suoi sviluppi :tesa ad incarnare il suo tempo.
Come Brunelleschi ai suoi tempi, guardando diversamente fra due tavole ed uno specchio la piazza della Signoria, sigilla nelle tavolette prospettiche un modo di vedere il presente e di progettare il futuro che nasce dal rinvenimento della linea di orizzonte e del punto di fuga, così oggi mi sembra siamo sempre meno imbarazzati a nominare concetti molto semplici e poco dotti all’apparenza come: uomo, disegno, poesia, speranza e..amore.

V

…si vis pulcritudo para amor?

Con la semplicità di Chanty the gardener in Oltre il Giardino*, trovandomi nella scomoda posizione di rinvenire una cornice dentro cui poter contemplare - potrei dire inquadrare con la mia macchina fotografica o con le tavolette prospettiche del contemporaneo -, “il volto della città storica ed il volto dei suoi abitanti “, mi sono accorta che i punti morti dello sguardo - gli anelli che non tengono, il giallo dei limoni - che riconosco nel mio lavoro di artista; in quello dei miei studenti a Brera, o in quello dei tanti che ci hanno preceduto, sono pietra angolare scartata dal costruttore che diventa testata di angolo.

Ripensamenti, incertezze interpretative, sono la garanzia di un rinnovamento possible, che ci permette di vedere il bello attuale o potenziale – la piantina da coltivare – anche in luoghi di apparente desolazione. Le periferie, piuttosto che le aree di nuova costruzione; i luoghi abbandonati.. In Lombardia – ma non solo - ce lo aveva mostrato Carlo Borromeo nel lontano 1575 : una città, Milano, che si riscatta divenendo grande luogo di preghiera e di ritualità, (di cui abbiamo tutt’ora le tracce architettoniche), rimette in moto il suo ciclo vitale.

Ritualità e preghiera sono richieste che a me paiono oggi vivissime, per quanto a volte si possano rinvenire domande epocali sotto la cenere di vuoti di comunicazione. Esistono, lo sappiamo, i cosiddetti : “bisogni inespressi”. Lo scarto avviene quando la visone acquisice possibilità di esistenza nell’occhio di tutti. "elementare, Watson !!". Appunto. Mio convincimento profondo – insisto - è che ciò possa avvenire se si da valore di forza e di concretezza - non di ricciolo, trastullo o, peggio - passatempo alla poesia.

VI

Voglio raccontarvi una cosa che mi succede spesso e accende un moto di ribellione in me , ed in molti giovani con cui lavoro, un silenzio deluso. Molti collezionisti, per nostra fortuna , sono professionisti; uomini di affari; persone importanti, che devolvono parte dei loro guadagni, come dicono loro, “alla bellezza”: musica, cinema, Arti visive, e quant’altro vogliate includere nella definizione.

Qualche volta vengo presentata da uno/a all’altro/a accompagnata dalla didascalia : "Letizia Cariello : è un’artista". A questa dichiarazione molti degli interlocutori sorridono e, guardandomi con aria fra il protettivo ed il compiaciuto e forse anche il commiserevole, dichiarano a loro volta, tirando un largo sospiro : "beata te : io mi occupo di cose noiosissime".

Sono ovviamente assolutamente convinti del contrario e l’enfasi e compiacimento che accompagnano la frase me lo confermano.<< Sicuiramente non vive di arte <<, pensabo fra sè e sè. Non si può pensare di vivere di bellezza. ( mi viene spontaneo domandarmi se si ossa morire di bellezza…, ma lasciamo perdere…) Mi sono domandata spesso cosa porti queste brave persone a questa espressione e , volendo escludere per simpatia il fatto che io sia una donna (l’associazione donna- arte fa subito passatempo e io,oltretutto, ricamo moltissime delle mie opere ), ho il serio dubbio che si tratti di una forma di imbarazzo. La stessa che porta a credere che la “ bellezza “, ma a questo punto includo la parola bellezza in quella di poesia, non sia la torta, ma la panna sulla torta . In altre parole : non una cosa seria, certamente opzionale rispetto alla “sostanza”.
Terribile botola in cui cascherebbe l’impiccato.

VII

Supero la resistenza che imporrebbero il rispetto e la riflessione nel riprendere nuovamente il pensiero di un uomo sovraesposto sui media ( la cui portata sapremo misurare veramente solo nel tempo), per citare Mona Simpson, sorella di Steve Jobs, a proposito del ruolo che rivestiva la “bellezza” frai citeri di progettazione vitale e di pensiero di suo fratello:

"nella scala di valori di Steve al primo posto non c’era il nuovo. C’era il bello ( …) Vista la frequenza con cui parlava d’amore, poteva essere donna. L’amore era per lui la suprema virtù"
Mona Simpson, sorella di Steve Jobs, New york times, 30 ottobre 2011

Come si fa a non pensare a Leon Battista Alberti, instancabile ricercatore di una formula grafica e geometric ache potesse ridisegnare la vita dell’uomo nuovo rinascimentale. E immediatamente dopo constatare la potenza eversiva delle immagini e della immagine come comunicazione primaria; linguaggio legittimo ed ultimo. Per dirla meglio con le parole di Leonardo , ammetto che:

""I’ho tanti vocabuli nella mia lingua materna, ch’io m’ho più tosto da doler del bene intendere le cose, che del mancamento delle parole colle quali io possa bene esprimere il concetto della mente mia".
Leonardo, codice di Windsor, 19086

Linguaggio legittimo ed eversivo. E forse per questo motivo a tutt’oggi temuto e/o guardato con sospetto: a chi non fanno ancora un poco paura gli artisti? ed i poeti? E la città del futuro, una città possible, come potrebbe però farne a meno sul serio?

Chiedetelo a Massimo Minini, vostro insigne conterraneo : lui ne ha da raccontare. Converrete, dunque, che in pochi dormono tranquilli senza aver almeno tentato di delimitare più di un poco il margine di ingovernabilità di una “immagine “. Le immagini sono come Molotov , in grado di scoppiare da un momento all’altro. Lo aveva capito negli anni trenta Cedric Prize, tutt’oggi poco conosciuto architetto inglese, che si era dannato l’anima tentando di progettare edifici e città vivi, ovvero continuamente modificabili dalle necessità di uso che i loro abitanti avrebbero scoperto e nominato. Lo hanno disinnescato definendolo ” visionario-architetto-artista”.
Accettiamo che una pianta raggiunga il suo splendore attraverso diverse fasi e sappiamo guardare ad un arbusto vedendo la quercia che diventerà, ma fatichiamo a pensare alla bellezza del futuro come funzione o progetto aperto che ci trasmetterà nel tempo i raggi del suo splendore.

VIII

Se penso al volto degli abitanti evocato dal titolo dell ‘intervento che sono stata chiamata a tenere oggi, mi sembra che la domanda sottesa possa essere : Può una città bella generare begli abitanti ovvero felici abitanti ? Può dalle radici della sua storia succhiare il meglio e trasmetterlo ? cosa intendiamo per città bella? Spero non città perfetta !

Gregor Mendel diceva : "un bambino può non assomigliare a suo padre ed assomigliare distintamente a suo nonno"; dunque, mentre mi pongo la questione, penso che l’abate-poeta-scienziato, che oggi metteremmo tranquillamente non solo nella lista dei padri della scienza , ma anche in quella degli artisti ( pensate quanto gli debba Kiefer!!), aveva sentito la necessità di disegnare personalmente la serra per le sue piantine.

Bellissima serra, naturalmente; per nulla estetizzante ma nemmeno , come direbbe un inglese, hugly. E credo lo abbia fatto perchè, come dirà molto tempo dopo Peter Sellers nei panni di Chance gardener : lui era un giardiniere molto serio, e la bellezza un dovere implicito.

Fino a che punto siamo interessati oggi a delimitare o meno la portata scientifica delle conclusioni di Mendel?
Sappiamo che si dedicò a molti altri studi di cui quelli per cui è diventato famoso rappresentavano solo una piccola parte ? Si sarà chiesto se era bello quello che stava facendo?
Avrà forse avuto momenti di pace profonda nel contemplare la sua serra fiorita, che funzionava perfettamente!. Qualcosa ci dice che il bello con radici profonde del suo progetto, aveva poco a che fare con il concetto di ornamento o con l’idea di cambiare il corso della storia .

IX

“Dare risposte alle aspirazioni che gli abitanti esprimono insieme alle loro paure”, leggiamo nell’introduzione a questo convegno. Ottimo punto di partenza è il poter stare di fronte alle aspirazioni; trovarsi di fronte alle paure godendo dell’occasione per guardarle diversamente, perchè è nel nostro sguardo che è cambiato qualcosa.
Ogni opera conta sul riconoscimento dello spettatore, e viene condivisa con il mondo perchè è la sua condizione di esistenza. Tutti siamo chiamati a vedere cose che ancora non ci sono, da qualunque lato ci troviamo coinvolti nella questione. Tutti dobbiamo essere dei visionari, ed includere uno scaffale per la poesia nella lista quotidiana della spesa .

Il mio amico Silvano Fausti, uomo di fede profondissima e grande biblista di indiscussa scienza, mi ha scritto un giorno :<< Và avanti, seguendo ciò che senti : è sempre più interessante di ciò che si pensa.”>>. E’ importante dunque reperire sentimenti dentro di noi, e poterne fare un barometro interno a cui tornare costantemente. Tendere alla poesia come l’ago calamitato tende al nord. Mi domando quanto noi siamo attenti a percepire in noi stessi e negli altri i segnali.

Eppure è la condizione primaria per mettere la matita sul foglio senza che ne escano riccioli inutili. Spesso la bellezza si palesa nella forma di un bisogno inespresso, ma non per questo non avvertito. Non si può fare a fettine il bisogno : si può però cercare di ritrarre la complessità del quadro.

X

Se cresci alle “vele” a Napoli o se vai a scuola in via Ruffini, di fianco al Cenacolo delle Grazie a Milano, è ovvio che cambia qualcosa. Ma cosa e dove ? Oltre a ciò che si percepisce immediatamente, cambia la costruzione dello schema corporeo; dell’immagine di noi stessi nello spazio; della nostra capacità di agire e di pensarci in azione; dello scenario in cui ci immaginiamo e progettiamo domani. Cambia la forma dei nostri pensieri.

Non è un azzardo, credo piuttosto sia qualcosa di complementare all’acquisizione della stazione eretta. Il nostro antenato che, grazie ad una diversa conformazione dello scheletro, si ritrovò libero l’uso delle mani, guadagnò lo sguardo in avanti invece che rivolto a terra, e con esso una diversa idea di sè nel presente e nel futuro. Così il famoso schema che guida la nostra possibilità di agire, può aiutarci a pensare scene diverse al nostro quotidiano incontrarci, lavorare, abitare.Questo schema si costruisce nel tempo ed accompagna l’evoluzione dell’infante, bambino, ragazzo, come un tratto fondante della crescita sana di una persona.

La bellezza è esempio e non discorso; schema corporeo: corpo dell’uomo e corpo della città sono indissolubilmente legati, se pensiamo che "Il termine "schema corporeo" definisce una rappresentazione cognitiva della posizione e dell'estensione del corpo nello spazio e dell'organizzazione gerarchica dei singoli segmenti corporei, finalizzata principalmente all'organizzazione dell'azione nello spazio."

Possiamo domandarci in cosa si potrebbero assomigliare il corpo della città e quello dei suoi abitanti. In effetti è, questo dialogo, un progetto in divenire che, dalla scena del vivere materiale, entra nel regno del vivere desiderato e viene metabolizzato nello schema corporeo, e poi ancora ritorna alla citta’ abitata, arricchito dei progetti e dei desideri che sarà riuscito a caricare sulle sue spalle in forma di pensieri pensati. La città ideale nasce dalla città rituale;La città rituale è simile alla città ideale; Il rito è ripetizione;il rito è ritmo; ripetizione; codice di relazioni e di misure : Ripercorrere per misurare e ritrovare "Elementare Watson!"

Tornare sulla scena significa rivedere : rivedere il volto o la città interna; un terzo polo oltre al padre ed alla madre, che sono io ed il luogo dove mi trovo e mi muovo. Ci guida un barometro interno, che si cerca e che è da perdere ogni volta che si ha il sospetto di averlo racchiuso in uno schema definitivo. Ci vuole moltissima disciplina, quotidiano esercizio dello sguardo, inteso nella sua interezza. E dunque non si improvvisa.

XI

In “Being there “ ( “Oltre il giardino” ), Chance the gardener cresce in un hortus conclusus da cui è costretto ad uscire per la morte del padrone di casa - the old man -, per affrontare la città del domani . Nei suoi eleganti vestiti ereditati, lascia le sue rose - "these are my roses" -, e attraversa quello che è diventato un sobborgo di Washinghton : incontra la città navigandola a piedi controcorrente, in uno stato di apparente pericolo originato dalla terribile combinazione della sua completa mancanza di strumenti di orientamento ed esperienza nei rapporti.

Crescere protetti vuol dire crescere soli.
Chance non sa leggere nè scrivere; conosce solo la casa e il giardino : ora e’ solo nella città di domani. Davanti alla White House, si preoccupa riconoscendo ciò che è invisibile agli occhi del mondo : la sofferenza di un arbusto, che denuncia ad un poliziotto come un’emergenza che a lui appare di assoluta evidenza . Protetto dalla sua sprovvedutezza, per via di una serie quasi casuale di incontri, raggiunge entro poche ore le vette del potere .

Chanty è fedele alla sua natura : I am a very serious gardener. Non si difende, e questo basta ad aprire ed a catalizzare intorno a lui le energie positive delle persone in cui si imbatte. Si definisce citta’, secondo il Dizionario Enciclopedico Utet della Lingua Italiana, un "centro di vita sociale avente considerevole importanza, economica, politica, culturale, tanto da far convergere su di sè gli interessi del territorio circostante, , e caratterizzato dal concentramento di un complesso di costruzioni di vario genere, con spazi liberi , adatto a soddisfare le esigenze di abitazione e di circolazione ed organizzato in modo da consentire lo svolgimento delle molteplici attività umane e l’espletamento dei servizi propri di una collettività di notevole consistenza numerica."

Un posto dove le persone intessono comunicazioni : il contrario della chiusura difensiva,

E bellezza : "qualità di ciò che è bello, di ciò che piace agli occhi e all’animo : e implica l’idea dell’armonia e della perfezione, e s’accompagna a sensi d’intimo godimento ( di soddisfazione fisica o di esultanza morale o di adesione estetica ), e ispira sentimenti di ammirazione o di desiderio e comunque di spontaneo e gratuito consenso"

Eccoci ancora con la gratuità; la spontaneità; il riconoscimento.

C’è qualcosa che il nostro corpo sa , un sapere che Fornari definirebbe coinemico ; sapere affettivizzato e istinto alla misura ed al suo ritmo, che ci accomuna tutti ed è garanzia di condivisione del lavoro dell’arte che, contrariamente, sarebbe di sola comprensione dell’autore.

Come dicevo, all’interno della scena del vivere collettivo-città, la bellezza e’ bisogno non sempre formalizzato in una richiesta consapevole, ma consustanziale alla dimensione delle persone, al loro schema corporeo. Tutto questo ci porta a considerare la necessità e l’urgenza di nominare i bisogni e dargli legittimità di esitenza nella scala dei valori, disboscando laddove i rovi del “serve non serve; con questo si mangia e con questo no”, possono gravemente impedire a molti di seguire, come Chanty-the-gardener, una indiscussa rotta di crociera che non necessita di molti affinamenti definitori, oltre alla certezza della sua priorità. Quindi "when the roots are strong, there will be the growth." Porre la poesia come bussola frai criteri fondanti i progetti, non è un’ingenuità, è una ottima assicurazione sul progetto di vivere comune che diventa forme, distanze e misure che rispondono ad ogni evoluzione della necessità, assicurando non la bellezza formalistica, ma quella dalle radici solide : " when the roots are strong, there will be the growth."

Il tutto presuppone un gesto di coraggio, e quell’abbandono dei saperi consolidati obbligatorio nell’approccio a qualsiasi foglio bianco.
“L’essenziale è invisibile agli occhi “ ( A. de Saint-Exupery )

Abbiamo iniziato aspettandoci forse modanature e cornicioni, piante ed escursus storici sulla evoluzione delle città . Se sono riuscita nel mio scopo, adesso vi starete chiedendo: dove eravamo rimasti?

Letizia Cariello, Brescia 2012

NOTE
* Oltre il giardino (Being There) è un film del 1979 diretto da Hal Ashby, con Peter Sellers, Shirley MacLaine, Melvyn Douglas, presentato in concorso al Festival di Cannes 1980.[1] La sceneggiatura è tratta dal romanzo Presenze (1971) dello scrittore polacco Jerzy Kosinski (1933-1991). Fortemente voluto da Peter Sellers, questo sarà anche il suo penultimo film (l'attore morirà prematuramente un anno dopo), e forse la sua più intensa interpretazione, che gli valse anche una candidatura al Premio Oscar

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