Cattolici e Costituzione

Cattolici e Costituzione

Non è dato sapere quanti dei candidati cattolici siano entrati nel Parlamento nei diversi partiti: di fatto il tentativo di riaggregare i cattolici in un nuovo soggetto politico non è riuscito.

Dopo gli incontri di Todi qualcuno aveva pensato che i cattolici avrebbero potuto diventare determinanti nella scena politica che sarebbe uscita dalle elezioni del 24-25 febbraio. Non è dato sapere quanti dei candidati cattolici siano entrati nel Parlamento nei diversi partiti: di fatto il tentativo di riaggregare i cattolici in un nuovo soggetto politico non è riuscito.

Sappiamo però che i pochi parlamentari e i pochi consiglieri regionali bresciani sono in buona parte di formazione cattolica e continuano a riconoscersi in tale matrice. Cosa ci si può aspettare da loro, da parte dei cattolici bresciani? Forse qualcuno si sentirà rassicurato e penserà di trovare in essi difensori strenui dei diritti della Chiesa, dei cosiddetti «valori non negoziabili», degli interessi dei cattolici.

Indiscutibile il valore di tali attese: la Chiesa è un soggetto sociale che opera per il bene del Paese e quindi sarebbe stoltezza non tenerne conto; i valori «non negoziabili» non sono di parte, ma attengono all'umano, e quindi promuoverli e difenderli è un servizio a tutta la società. Sembra però che né l'una né l'altra siano le cose da richiedere ai cattolici eletti, bensì la difesa della Costituzione. Potrà apparire strana questa affermazione. Ma, a ben guardare, sta in essa la base di ogni altra richiesta. Almeno fino a quando la vigente Costituzione non verrà cambiata, resta il fondamento della nostra convivenza e quindi di ogni progetto politico: essa rimane il quadro entro il quale immaginare la ricerca del bene comune. Ed è questo che i cattolici eletti devono anzitutto perseguire. Se per assurdo, si limitassero a cercare il bene della Chiesa, pur di grande valore, sarebbero di parte, in forma non molto diversa rispetto a coloro che difendono anzitutto il proprio partito.

La vita repubblicana, al di là delle dichiarazioni retoriche, ci ha fatto conoscere troppe volte la prevalenza dell'interesse del partito o, peggio ancora, di qualche leader anziché dell'interesse del Paese. Questo non si persegue aggiungendo interesse a interesse in una specie di spartizione di interessi particolari. Il bene comune non è la somma del bene dei diversi gruppi sociali. Proprio per questo lo si ricerca ascoltando tutti, ma per trovare ciò che supera tutti. E i cattolici potrebbero introdurre un nuovo stile nell'agone politico, quello che i Padri della nostra Repubblica hanno praticato nel dare figura alla carta costituzionale. Ciò comporta capacità di dialogo, superamento delle logiche di appartenenza, vigile attenzione ai bisogni primari delle persone. Ai giovani che erano avviati agli studi teologici a Roma si diceva che se fossero tornati con la fede, avrebbero mostrato di aver superato la prova. Analogamente si potrebbe dire ai cattolici bresciani eletti: se riusciranno a non farsi fagocitare dalle logiche di partito e dagli interessi (anche economici) particolari, ma resteranno liberi per la ricerca del bene comune potremo riconoscerli come figli di una terra che tanto ha fatto e vorrebbe continuare a fare per l'Italia.

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