Fabrizio Turoldo - Disponibilità e indisponibilità della vita umana

Relatore Fabrizio Turoldo, professore ordinario di Filosofia morale, Università Ca’ Foscari di Venezia

Negli anni Cinquanta e Sessanta del Novecento, le nuove tecniche di rianimazione cardiopolmonare hanno portato con sé grandi speranze, ma anche la possibilità di tenere in vita, spesso anche per un tempo molto prolungato, persone giunte alla fase terminale di agonia. Per questo i medici, per la prima volta, iniziarono a riflettere sulla differenza tra allungare la vita e prolungare l’agonia. Qual è il confine? Giunti a quel punto, non era più sufficiente affidarsi unicamente al principio di beneficenza, ma diventava fondamentale far riferimento anche al principio di non maleficenza. I medici scoprirono che non sempre intervenire significava fare il bene del paziente e, in certi casi, iniziarono a scrivere la sigla DNR, Do Not Resuscitate order, ordine di non rianimare, su foglietti di carta da inserire nelle cartelle cliniche dei malati terminali, in matita, affinché fosse prontamente cancellata. Il timore era quello di venire potenzialmente imputati di omissione di soccorso. Il diritto non riusciva a stare al passo delle evoluzioni della tecnica, mentre filosofia e riflessione etica si arrovellavano per tentare una sintesi tra l’universalità dei principi e l’unicità delle situazioni particolari.

Il problema della potenziale eternità della vita, del continuo dilatarsi di un tempo senza barriere, veniva affrontato già nei miti antichi: la dea Eos, immortale e perennemente giovane, si innamora di un mortale, Titone. Se Eos resta sempre identica, Titone cambia, invecchia, diventa canuto. La dea, spaventata, si appresta a implorare Zeus, affinché conceda a Titone il dono dell’immortalità e lui, benevolmente, acconsente. Tuttavia, permane un problema. Titone ormai vive per sempre, non ha più timore della morte, ma continua a invecchiare: la dea si era dimenticata di chiedere per lui anche l’eterna giovinezza. La morte, allora, inizia a essere immaginata come una liberazione. Il mondo greco aveva già intravisto i rischi di una medicina che è capace di tenere in vita, potenzialmente all’infinito, senza essere in grado di curare. Questo è il trauma di una tecnologia che riesce a compiere prodigi e, al tempo stesso, a prolungare drammi. Martin Heidegger, in La questione della tecnica, sosteneva che la tecnica si stava progressivamente trasformando da mezzo a fine e, viceversa, l’uomo che un tempo era il fine della tecnica, ora ne diveniva il docile mezzo. Che cosa, infatti, ne sarà di noi, se useremo a sproposito la tecnica per la sola ragione che essa è disponibile?

Hans Jonas, allievo di Heidegger, sosteneva, a sua volta, che la tecnica è come un Prometeo scatenato e dovremmo occuparci, e quindi preoccuparci, non solo di ciò che noi possiamo fare con lei, ma anche di ciò che lei può fare con noi.

Negli anni Cinquanta del Novecento, alcuni medici cattolici italiani avevano consegnato al papa i propri dubbi in merito all’ampio utilizzo della morfina, il cui effetto collaterale poteva essere quello di avvicinare la morte, nella fase terminale di una malattia molto dolorosa. A queste difficili questioni, Pio XII rispose con una serie di brevi scritti, spesso inviati alle associazioni mediche, in occasione dei loro congressi. Questi testi sono ora raccolti in un libro intitolato “Discorsi ai medici”, volume ancora attuale, capace di andare a fondo su realtà molto complesse. La tecnica, secondo il papa, deve restare al servizio dell’umano ed essere sempre finalizzata al bene. Nel caso dell’inibizione delle funzioni respiratorie provocate della morfina, si trattava di un effetto previsto, ma non voluto, né ricercato e che ciò era comparabile con una sorta di autodifesa. La persona non sceglie se vivere o morire, quando vivere o morire, ma piuttosto come vivere la parte terminale della sua esistenza e, quindi, di conseguenza come morire. Il “come” precede il “quando” e aiuta a considerare quali possano essere i mezzi proporzionati o sproporzionati per raggiungere un determinato scopo. L’importante è mantenere una proporzionalità tra fine voluto e le conseguenze non volute, ovvero tra sedazione palliativa e inibizione delle funzioni respiratorie. È d’aiuto la prospettiva di osservare la realtà secondo il bene complessivo. Due scelte opposte possono, paradossalmente, rivelarsi entrambe scelte di vita.

Alessandro Bartoccioni, primario della cardiologia di Perugia, aveva affrontato vari cicli di chemioterapia e interventi chirurgici, ma il tumore era progredito e le metastasi molto diffuse. I suoi colleghi medici cercavano di convincerlo che non avesse senso operare nuovamente, ma che si sarebbe trattato di accanimento terapeutico. Infatti, anche qualora l’ennesimo intervento fosse andato a buon fine, il problema non sarebbe comunque stato risolto, le metastasi erano troppo diffuse. Tuttavia, Bartoccioni voleva tentare una nuova operazione ed esprimeva la sua convinzione precisando che, da sano, anche lui avrebbe sconsigliato la medesima operazione, in quanto contraria a “ragionevoli speranze”, ma aveva capito che le ragionevoli speranze per alcuni non sono le stesse che per gli altri. Il giurista Peter Noll, invece, aveva il 60% delle possibilità di prolungare la sua vita grazie alle cure chemioterapiche, ma avrebbe dovuto rinunciare a molte cose, che per lui erano importanti, a un modo di vivere, di viaggiare e di amare che era intimamente fuso con la sua persona. Così aveva scelto di rifiutare le cure non per morire, ma per vivere in un modo più coerente con la sua precedente esistenza.

Paul Ricoeur, poco tempo prima di morire, scriveva di voler «restare vivo fino alla morte» e che forse bisognerebbe invertire il detto «finché c’è vita, c’è speranza». È piuttosto il contrario, «finché c’è speranza c’è vita».

Bibliografia

  • Anders G., L’uomo è antiquato
  • Brecht B., Il sarto di Ulm
  • De Hennezel M., La morte amica
  • Frankl V., Uno psicologo nel lager
  • Heidegger M., La questione della tecnica
  • Jonas H., Tecnica, medicina ed etica
  • Kübler Ross E., La morte e il morire
  • Malherbe J-P., Per un’etica della medicina
  • Noll P., Sul morire e la morte
  • Pio XII, Discorsi ai medici
  • Ricoeur P., Vivo fino alla morte
  • Sartori F., Bonadonna G., Bartoccioni S., Dall’altra parte
  • Turoldo D. M., Canti Ultimi
  • Turoldo F., L’etica di fine vita, Cittadella, Roma 2022

Mercoledì, 11 Gennaio 2023 | Aurora Ghiroldi