Dalle religioni alla religione “naturale”: ritorno al moderno? - Roberto Celada Ballanti

Relatore Roberto Celada Ballanti - Professore Ordinario di Filosofia Morale

Si può parlare di ritorno al moderno? Che cosa si intende per moderno? Tipica del moderno è la percezione costante della crisi, ma insieme anche lo sforzo per ricomporla. Sul piano strettamente religioso la crisi è stata provocata dalla pluralità di fedi fra loro incompatibili o incommensurabili. Tuttora ci troviamo in una simile situazione, caratterizzata non dalla profetizzata fine delle religioni, ma anzi da un loro eccesso, come ha illustrato Peter Berger. Perciò non è appropriato parlare di ritorno al moderno. Piuttosto continuiamo a trovarci in esso. Al problema della molteplicità di fedi e valori si è cercato e tuttora si cerca di rispondere creando una sintassi della convivenza e coesistenza.

Una prima avvisaglia della situazione si può individuare proprio nel periodo in cui si fa iniziare la modernità. Con la caduta di Costantinopoli (1453) si è profilata una seria minaccia alla cristianità da parte dei Turchi Ottomani. In questo clima Nicolò Cusano scrisse l’opera “De pace fidei”, in cui poneva al di sopra della molteplicità di credenze un principio di unità trascendentale. Poi la riforma protestante ha portato alla frantumazione della cristianità occidentale con conseguenze drammatiche. Lo stesso Lutero parlò con Melantone del pericolo del soggettivismo che il libero esame comportava. Per questo, a partire dal 1525, cercò di stringere le maglie e di distanziarsi dalle divagazioni dei mistici.

Per affrontare la questione delle differenze religiose l’arbitrio del sovrano non era un principio sufficiente. Occorreva trovare all’interno delle religioni un terreno comune. Verso la fine del Cinquecento Jean Bodin in “Heptaplomeres” delineò come punto di incontro fra i rappresentanti di diverse religioni una religione naturale. Herbert di Cherbury nel “De religione laici” (1646) elencò pochi principi che erano comuni alle religioni. La tendenza al minimalismo si è affermata ancor più nell’illuminismo. Voltaire vide nel deismo la base, il metallo che faceva lega con le varie religioni. Tuttavia attraverso il concetto di religione naturale ci si è sempre riferiti, più o meno esplicitamente, a una religione determinata. C’è chi l’ha identificata con il decalogo, Giordano Bruno l’ha vista nella religione egizia, Leibniz nel cristianesimo. Dopo la critica di David Hume alla cosiddetta religione naturale, Schleiermacher le ha inferto il colpo decisivo. Secondo lui la religione naturale era un costrutto artificiale, mentre propria di ogni religione era la storicità. Dentro le forme storiche, particolari, finite agiva però un principio trascendente, infinito. In questo senso si può dire che Schleiermacher sia ritornato all’idea di Cusano.

La religione in quanto connessa alle questioni ultime, al senso dell’uomo dimostra tuttora la sua vitalità. La secolarizzazione è solo una metamorfosi della religione. Il principio trascendentale deve indurre le singole religioni ad aprirsi dal loro interno. Da qui possono discendere le condizioni del dialogo.

  • Peter Berger, Riflessioni sulla religione, Roma, Armando Editore 2020.
  • Roberto Celada Ballanti, Il pensiero religioso liberale. Lineamenti, figure, prospettive, Brescia, Morcelliana 2009.
  • Roberto Celada Ballanti, Filosofia del dialogo interreligioso, Brescia, Morcelliana 2020.
  • Marcel Gauchet, Il disincanto del mondo. Una storia politica della religione, Torino, Einaudi 1992.

Mercoledì, 12 Gennaio 2022 | Francesco Tomasoni