Futuro della medicina tra tecnica e cura
Relatore Lucia Procuranti, ricercatrice di Storia della Filosofia, Germano Bettoncelli, Medico Medicina Generale Brescia e Coordinatore Commissione Cultura Ordine dei Medici Brescia, e Alberto Signorini, docente di Ingegneria industriale e dell’informazione
Nel dialogo fra il Prof. Alberto Signoroni, docente di Ingegneria industriale e dell’informazione presso l’Università di Brescia, il Dott. Germano Bettoncelli, Presidente dell’Ordine dei Medici di Brescia e Provincia, e la Prof.ssa Lucia Procuranti, ricercatrice di storia della filosofia presso l’Università di Verona coordinati dal Dott. Claudio Cuccia, già Direttore del Dipartimento di cardiologia ed emodinamica dell’ospedale Poliambulanza, è emersa la ricchezza delle possibilità offerte dalla intelligenza artificiale in campo medico. Tuttavia, il fenomeno pone la necessità inderogabile di una responsabile e intelligente vigilanza affinché la macchina non prenda il sopravvento e da strumento diventi protagonista.
Se questo accadesse, la macchina finirebbe per sostituire la forza del fascino vitale, generato dalla relazione ‘io-tu’ umano. È vero che l’uomo non è autosufficiente e quindi limitato, ma è anche vero che è un essere che sa elevarsi al di sopra di se stesso, poiché, come scriveva Pascal, “L’uomo è una canna pensante”. L’uomo sa superarsi infinitamente, e la sua natura e grandezza si realizzano nell’aprirsi a ciò che è al di sopra di lui, per trovare il suo compimento, a macchina, invece, semplicemente esegue, secondo una fredda e precisa combinazione di algoritmi. Certamente essa abbrevia il tempo e restituisce i dati con precisione e accelerazione esponenziale, ma non è in grado di interrogarsi sul dato. L’utilizzo dell’alta tecnologia in medicina, dovrebbe essere solo di supporto. La ricerca neo-scientifica si interroga sul mistero della nostra capacità di produrre pensieri, come sia possibile che, da un seme di materia cerebrale, possa nascere un pensiero, che non è materiale. Questo è il mistero più profondo della nostra conoscenza e l’enigma della coscienza. Non dimentichiamo che mai la tecnica sarà in grado di produrre coscienza. La medicina deve tenere sempre conto della straordinaria natura umana, per evitare di disumanizzare se stessa e di entrare in una visione riduzionista della persona. Questo, con il tempo, avrebbe ricadute significative sul medico stesso, che rischierebbe di essere spodestato dalla macchina, nel momento che la usa. Infatti, da un lato, questa lusinga il professionista, dando potere al suo sapere, dall’altro lato c’è l’alto rischio che lo sostituisca nella sua stessa professione, e lo renda subalterno alla macchina stessa.
L’intelligenza umana non deve rinunciare alla sua specificità di porsi domande per promuovere e salvaguardare la propria impagabile libertà. L’intelligenza artificiale sostituisce l’intelligenza umana? Facilitare le funzioni cognitive comporta anche comprometterle? La diffusione pervasiva dell’intelligenza artificiale è una vera democratizzazione o una razzia di dati personali? Qual è il vero obiettivo dell’intelligenza artificiale? Il tempo liberato da queste innovazioni verrà veramente utilizzato per potenziare la relazione medico-paziente? Le possibilità offerte dall’intelligenza artificiale rappresentano certamente essere una sfida; l’intelligenza creativa umana la accetta per ridare peso, valore e calore ai contenuti delle relazioni umane. Il futuro dipende dalle direzioni che diamo noi oggi.