Cristiani e Musulmani sulla via della fraternità - Adnane Mokrani e Imad Alamat

Relatore Adnane Mokrani e Imad Alamat

Il cammino fraterno di Papa Francesco
Una lettura islamica - di Adnane Mokrani

Nel lungo cammino di avvicinamento della chiesa cattolica al mondo islamico possiamo partire dal documento del Concilio Vaticano II sul rapporto con le religioni non cristiane, Nostra aetate (1965) e menzionare il discorso di Giovanni Paolo II a Casablanca davanti a migliaia di giovani musulmani (1985). Papa Francesco si è espresso più volte al riguardo nei suoi viaggi, per es. in Bangladesh e nel suo incontro con i rifugiati Rohingya (2017). Nella sua prima Esortazione apostolica, Evangelii Gaudium (2013), due paragrafi sono dedicati al dialogo con i musulmani (252-253). Nel secondo paragrafo, il Papa esprime una posizione coraggiosa, e direi controcorrente, mettendo in guardia da «odiose generalizzazioni, perché il vero Islam e una adeguata interpretazione del Corano si oppongono ad ogni violenza».

Con il Documento sulla fratellanza umana, il Papa ha voluto fare un passo avanti coinvolgendo una grande autorità religiosa islamica, Shaykh al-Azhar e finendo per esprimere una visione condivisa e confermata dalla parte islamica: «Dichiariamo –fermamente- che le religioni non incitano mai alla guerra e non sollecitano sentimenti di odio, ostilità, estremismo, né invitano alla violenza o allo spargimento di sangue. Queste sciagure sono frutto della deviazione dagli insegnamenti religiosi, dell’uso politico delle religioni e anche delle interpretazioni di gruppi di uomini di religione che hanno abusato – in alcune fasi della storia – dell’influenza del sentimento religioso sui cuori degli uomini per portarli a compiere ciò che non ha nulla a che vedere con la verità della religione».

Il Papa ha acquisito grande credibilità tra i musulmani, soprattutto tra quelli che si sentivano offesi e umiliati dalla confusione creata dal terrorismo e sfruttata dalle destre populiste in tutto il mondo.

Nella sua enciclica, Laudato si’ (2015), nella nota 159 egli cita come «maestro spirituale» un sufi egiziano Ali Al-Khawwas (m. 1532), sconosciuto a tanti musulmani, per sostenere «la necessità di non separare troppo le creature del mondo dall’esperienza di Dio nell’interiorità». Infatti «C’è un “segreto” sottile in ciascuno dei movimenti e dei suoni di questo mondo. Gli iniziati arrivano a cogliere quello che dicono il vento che soffia, gli alberi che si piegano, l’acqua che scorre, le mosche che ronzano, le porte che cigolano, il canto degli uccelli, il pizzicar di corde, il fischio del flauto, il sospiro dei malati, il gemito dell’afflitto». Il papa in questa citazione, certo non consueta, si riferiva a un testo contenuto nel libro sui mistici del sufismo a cura di Eva De Vitray-Meyerovitch (p. 199).

Nel suo messaggio per la celebrazione della giornata mondiale della pace del primo gennaio 2017, intitolato La nonviolenza: stile di una politica per la pace, il Papa menziona, accanto a Gandhi e a Martin Luther King, Khan Abdul Ghaffar Khan (m. 1988), un musulmano di origine afgana che ha dato la vita per la pace e la nonviolenza.

In un’altra occasione, tornando dalla Polonia, alcuni giorni dopo l’uccisione di padre Jacques Hamel da parte di alcuni giovani musulmani in Francia, il 26 luglio del 2016, Papa Francesco ha detto ai giornalisti: «Non mi piace parlare di violenza islamica. Non si può dire -credo che non sia vero e non sia giusto- che l’islam sia terrorista».

Il “Documento sulla fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza comune”, firmato da Papa Francesco e Shaykh al-Azhar Ahmad Al-Tayyeb, il 4 febbraio 2019 ad Abu Dhabi, è in sé un evento storico per una serie di ragioni. Anzitutto è il primo documento firmato dal capo della Chiesa cattolica assieme al Grande Imam di al-Azhar, una delle più importanti istituzioni religiose islamiche a livello mondiale.

Il documento è un modo per celebrare 800 anni dall’incontro tra S. Francesco e il Sultano al-Kamil a Damietta in Egitto. Il primo incontro tra Francesco e il Sultano avvenne all’epoca delle crociate; anche l’incontro recente è in un’epoca piena di guerre e di conflitti, basti accennare alle guerre in Siria e nello Yemen, come pure alle grandi tensioni con l’Iran.

Nella Lettera Enciclica “Fratelli Tutti”, nel paragrafo 3, si sottolineano le difficoltà affrontate da San Francesco per incontrare il sultano Malik-al-Kamil, ma anche la regola che, secondo il santo, doveva valere non solo per i suoi discepoli, ma anche nei confronti degli infedeli, quella di non suscitare liti o dispute. Nel paragrafo 5 il Papa dichiara di essere stato stimolato nelle sue riflessioni dal Grande Imam Ahmad Al-Tayyeb, incontrato ad Abu Dhabi. Questi avrebbe appunto ricordato che Dio «ha creato tutti gli esseri umani uguali nei diritti, nei doveri e nella dignità, e li ha chiamati a convivere come fratelli tra di loro». Le dichiarazioni del Papa restituiscono ai musulmani la loro dignità sia come esseri umani sia come credenti. Il Papa non fa altro che apprezzare e incoraggiare gli elementi di verità, bontà e bellezza nell’altro. Così si “neutralizza” l’odio e si elimina la paura, in un tipo di solidarietà spirituale. Al riguardo la ricercatrice libanese Juliette Nasri Haddad ha raccolto le “Dichiarazioni congiunte islamico-cristiane” dal 1954 al 2005, a partire dalla Conferenza di Bhamdoun del 1954 in Libano che è il simbolo dell'inizio del moderno dialogo cristiano-islamico.

Fra i documenti islamici sull’argomento ricordiamo:

  • La lettera A Common Word (2007), firmata inizialmente da 138 sapienti e pensatori musulmani di varie scuole e paesi e la cui partecipazione si è estesa fino a includere tanti altri firmatari. La lettera cercava di superare la crisi causata dal discorso di Ratisbona e di rilanciare il dialogo su basi solide. La lettera è il seguito di quella precedente firmata da 38 studiosi un anno prima, immediatamente dopo il discorso di Papa Benedetto XVI.
  • Il Messaggio di Amman (2014), che condanna fermamente la violenza e il terrorismo e invita i musulmani a unirsi contro questo male. È il risultato di una conferenza internazionale alla quale hanno partecipato quasi duecento studiosi musulmani di tutto il mondo.
  • La Dichiarazione di Marrakech (2016), che affronta i diritti delle minoranze nei paesi a maggioranza musulmana, concentrandosi sul concetto di piena cittadinanza. È anche il risultato di una conferenza internazionale importante con un’estesa partecipazione islamica.

Come possiamo immaginare il futuro del dialogo teologico?

La sfida principale per le nuove teologie islamiche è quella di tipo ermeneutico, in relazione ai problemi emersi dalla modernità, come la teologia del pluralismo religioso, la teologia della nonviolenza, la teologia femminista e la teologia della liberazione. Possono essere considerate un'unica teologia con sfaccettature diverse. Mentre l'esclusivismo religioso si trasforma facilmente in violenza, una teologia integrale della diversità religiosa è nonviolenta, ecologica, femminista e interreligiosa allo stesso tempo. La teologia nonviolenta mira a liberare la teologia dalle ambizioni di potere e a orientarla al servizio di tutta l'umanità, in particolare dei poveri e degli oppressi. Si parte innanzitutto da una trasformazione e conversione interiore. Ciò significa che tutte queste teologie richiedono una dimensione mistica. Il Corano va oltre le forme storiche, parla al presente e apre orizzonti per il futuro.

Il dialogo teologico promette “novità” e “creatività”. Esso offre un servizio fondamentale: impedisce quella che si potrebbe chiamare “l’idolatria culturale”, secondo l’espressione di Paul Knitter.

La teologia delle religioni rappresenta una delle discipline teologiche più creative e promettenti del nostro tempo che si sta ramificando e sviluppando in una serie di sub-discipline come la teologia cristiana dell’Islam che fa parte della teologia cristiana delle religioni; o la teologia islamica del Cristianesimo, un ramo della teologia islamica delle religioni. Da sottolineare che la teologia cristiana dell’Islam non è “teologia islamica”, ma una riflessione teologica cristiana sull’Islam. D’altra parte, una riflessione teologica islamica sul Cristianesimo nei suoi dogmi non è “teologia cristiana”, ma un tentativo di comprendere il Cristianesimo in categorie islamiche, senza trascurare ovviamente le categorie cristiane. Che cosa significa il Cristianesimo per me, musulmano e viceversa?

Si tratta di un lavoro di frontiera che può incontrare resistenze sia nella parte islamica, sia nella parte cristiana. Esso è però essenziale non solo per la sfida del fondamentalismo, ma anche per l’esigenza di definire la religione in quanto tale. Il teologo è fallibile, ma deve godere della libertà di ricerca. Ha bisogno della sua comunità religiosa: per discutere, per correggersi senza censure e per crescere. Ha bisogno anche della comunità allargata, quella accademica e non, interreligiosa e laica. C’è spazio per la teologia della “perplessità”, che non è debolezza, anzi coraggio! La perplessità è un valore importante per i sufi: permette il cammino, la crescita e il meravigliarsi. La teologia, a mio parere, non è sacra, è piuttosto umana, cerca di aprirsi al divino, aprendosi all’umano. Essa attinge così un orizzonte universale.

Bibliografia:

Adnane Mokrani, Brunetto Salvarani, Dell’umana fratellanza e altri dubbi, Milan, Edizioni Terra Santa, 2021, pp. 21-61 (da cui sono prese queste considerazioni).

Toshihiko Izutsu, Sufism and Taoism: A Comparative Study of Key Philosophical Concepts, University of California Press, London, 1984, p. 68.

Paul F. Knitter (ed.), Pluralism and Oppression: Theology in World Perspective, University Press of America, Lanham, 1990, pp. 3-22. Knitter, Jesus and the Other Names: Christian Mission and Global Responsibility, Oneworld, Oxford, pp. 148-154.

Eva De Vitray-Meyerovitch [ed.], Anthologie du soufisme, Paris 1978, trad. it. I mistici dell’Islam, Parma 1991.

Déclarations communes islamo-chrétiennes (1954-1995 c. / 1373-1415 h.) : textes originaux et traductions françaises, Choix de textes, présentés par Juliette Nasri Haddad, sous la direction de Augustin Dupré la Tour et Hisham Nashabé, Dar el-Machreq, Université Saint-Joseph, Beyrouth, 1997.

http://www.vatican.va/content/francesco/it/travels/2019/outside/documents/papa-francesco_20190204_documento-fratellanza-umana.html

http://www.vatican.va/content/francesco/it/encyclicals/documents/papa-francesco_20150524_enciclica-laudato-si.html

http://www.vatican.va/content/francesco/it/messages/peace/documents/papa-francesco_20161208_messaggio-l-giornata-mondiale-pace-2017.html

http://www.vatican.va/content/francesco/it/messages/peace/documents/papa-francesco_20161208_messaggio-l-giornata-mondiale-pace-2017.html

A Common Word: https://www.acommonword.com/

Messaggio di Amman: http://ammanmessage.com/

Dichiarazione di Marrakech: http://www.marrakeshdeclaration.org/


“Fratelli tutti”: mondo arabo mediorientale e dialogo interreligioso - di IMAD ALAMAT

  1. Ricezione dell’Enciclica in Medio Oriente

1.1. La conoscenza diretta del testo

Il testo non è molto conosciuto al pubblico di lingua araba, sia negli ambienti cristiani, sia in quelli islamici. È noto ai livelli alti della gerarchia, ma non fa parte della vita quotidiana di entrambe le comunità. Certamente studiosi e religiosi “specializzati” nel dialogo interreligioso l’hanno letto e forse anche commentato. Penso al Principe Hassan di Giordania, zio del re Abdallah, esperto in dialogo e studioso dell’Islam, il quale dirige il Regio Istituto di Studi Religiosi che è considerato uno dei centri importanti nel campo del dialogo religioso e interculturale.

La difficile e tormentata storia tra Oriente e Occidente, in particolare il ricordo dei crociati, delle guerre passate, ma soprattutto del colonialismo e delle ingerenze europee determina chiusure e sospetti.

Più che i documenti e i discorsi, sono i gesti ad avere impatto sulla popolazione araba. E questi, come per es, l’incontro di Papa Francesco ad Abou Dhabi, hanno favorito un atteggiamento positivo verso la figura del papa.

1.2 Il contenuto dell’Enciclica nel vissuto della società medio-orientale

Il documento riflette un contesto cristiano, ma tocca temi generali.

1.2.1. Temi dell’Enciclica

1) Denuncia della mancanza di speranza e di fiducia nelle società, delle polarizzazioni, degli interessi economici che “scartano’ le persone, della disuguaglianza nei diritti, delle nuove forme di schiavitù, della progressiva scomparsa dei valori spirituali, della manipolazione delle grandi parole, come libertà, democrazia, giustizia e unità. 2) Necessità di accorgersi dell’estraneo sulla nostra strada, come il Samaritano del Vangelo. 3) Invito a promuovere il bene comune, ad accogliere e integrare, superando le barriere e le frontiere di ogni genere nella lotta contro povertà e ingiustizie sociali. 4) Esortazione a riconoscere in ogni cultura una base di accoglienza e di scambio. 5) Attenzione al legame indispensabile, ma anche pericolosissimo tra religione e politica. 6) Il dialogo e il suo significato nelle società sempre più pluraliste. 7) Necessità di ricercare nuovi percorsi di pace e riconciliazione. 8) Il ruolo delle religioni nel servizio alla fraternità universale.

1.2.2. Problematiche

In Medio Oriente conflitti e tensioni sono all’ordine del giorno. Il senso di frustrazione è aumentato col fallimento dei movimenti popolari, come la primavera araba, col disastro Isis, con la corruzione dei sistemi nazionali, con le disuguaglianze sociali, con una situazione economica disastrosa e altissimi tassi di disoccupazione.

I cristiani cercano di vivere in pace e rivendicano il diritto al rispetto. Gli ebrei temono una recrudescenza dell’antisemitismo.

I leader musulmani si stanno rendendo conto del fatto che le comunità cristiane, come tutte le altre comunità religiose, siano parte integrante del loro territorio, che il rapporto con esse sia parte insostituibile del loro interno processo di riforma, che la relazione con l’altro da sé, con la modernità e con il mondo esterno - culturale, sociale, religioso ed economico - sia una sfida che li riguarda.

In questo contesto è importante il ruolo dell’Università di Al-Azhar del Cairo, centro religioso di riferimento almeno per il mondo musulmano sunnita. Fu proprio quell’Università a promuovere l’incontro di Abou Dhabi, e fu lì che il Grande Iman pronunciò un discorso solenne, in arabo, e quindi immediatamente compreso da tutti, sulla necessità della presenza cristiana in Medio Oriente.

1.2.3 Semi positivi

Mentre sul piano istituzionale esistono problemi, nella vita dei semplici cittadini si stabiliscono relazioni sulla base del comune attaccamento alla terra.

Per es. il Jerusalem Intercultural Center, composto da israeliani e palestinesi, ebrei, musulmani e cristiani, si propone di migliorare la vita degli abitanti della città, a prescindere dalle loro appartenenze.

Inoltre le scuole cristiane, aperte ai cittadini di tutte le fedi, sono frequentate specialmente dai musulmani. Vi sono anche scuole bilingue, come la rete di Hand-in-Hand, fondata da un musulmano e un ebreo insieme, dove gli alunni studiano in arabo ed ebraico, con doppio insegnante in ogni classe. Nelle scuole di musica, poi, insegnanti e studenti ebrei, cristiani e musulmani, si ritrovano per suonare insieme.

In Terra Santa si vedono spesso scolaresche ebraiche che incontrano religiosi cristiani e musulmani e visitano chiese e moschee. Inoltre scolaresche musulmane fanno visita ai Luoghi Santi cristiani e vengono educate a scorgere in essi parte della loro identità e della storia della loro città.

Sotto la superficie di contenziosi e divisioni scorre un fiume di umanità aperta al dialogo.

  1. la situazione del dialogo interreligioso alla luce di “Fratelli Tutti”

Molto più che in Europa, il Medio Oriente è un crogiuolo di differenze religiose. Ebraismo, Cristianesimo e Islam hanno lì il loro cuore e le loro radici. La propria esperienza religiosa definisce anche la propria relazione verso l’altro, a livello personale e sociale.

In questo contesto il dialogo interreligioso può influenzare significativamente la politica. Non è facile dialogare su problemi di fede. Vi si può arrivare solo dopo avere instaurato un solido rapporto di fiducia e amicizia a livello umano. Possiamo delineare i seguenti obiettivi:

  1. un recupero del significato profetico ed educativodell’esperienza religiosa;
  2. un ripensamento del rapporto religione-politica;
  3. una riflessione sui concetti di identità personale e socio-culturalee di appartenenza culturale e religiosa;
  4. un approfondimento delle questioni riguardanti la dimensione universale della convivenza;
  1. una riconsiderazione dei principi di apertura e di interdipendenza;
  2. una riconsiderazione delle categorie di storia, di memoria, di colpa, di giustizi e di perdono.

In conclusione, “Fratelli Tutti” non è molto conosciuta in Medio Oriente, ma lo riguarda profondamente nel suo vissuto, caratterizzato da conflitti, ma anche da fermenti positivi.

Mercoledì, 08 Giugno 2022 | Francesco Tomasoni