• Individualismo e desiderio di legami

L’avventura. Arte come empatia e relazione tra XX e XXI secolo - Ilaria Bignotti

L’avventura. Arte come empatia e relazione tra XX e XXI secolo - Ilaria Bignotti

Prof.ssa Ilaria Bignotti
Dottore di Ricerca
Teorie e Storia delle Arti
Università Iuav di Venezia

In un’epoca quale quella attuale, postindustriale e digitale, caratterizzata da un lato da una sempre più drammatica tendenza all’isolamento dell’individuo e al suo sdoppiamento virtuale, dall’altro da una profonda ridiscussione delle geografie sociali e culturali, l’arte contemporanea può ancora essere l’ultimo atto di fiducia, e di speranza, dell’uomo del XXI secolo.

La conferenza prova a tracciare un percorso nel quale dimostrare come, nella loro complessa eterogeneità e interdisciplinarietà, i linguaggi artistici siano, oggi più che mai, non solo in grado di visualizzare conflitti, tensioni, drammi e violenze, e di porre domande e questioni sui fondamenti della vita, ma anche di mettere in crisi una visione ego-riferita, individualistica e ineluttabilmente perdente, offrendoci la possibilità di uno scambio, la speranza di un dialogo, la promessa di una relazione tra gli uomini e le culture, in un rinnovato e rigenerante incontro dell’io con l’altro.

Partendo dal secondo dopoguerra, un momento fondamentale nel quale gli artisti ridiscutono da un lato l’eredità delle avanguardie storiche, dall’altro riaffermano con forza e pregnanza il loro ruolo all’interno della società, la conferenza si sviluppa in un percorso articolato in tre sezioni, cronologicamente distinte ma intrecciate, dedicate alle arti visive dal secondo dopoguerra alla fine degli anni Sessanta, da Lucio Fontana a Mark Rothko, da Barnett Newman ad Anselm Kiefer; agli anni Settanta, fino ai Novanta, da Marina Abramović a Zhang Huan; ai primi passi del XXI secolo, da Bill Viola a Adrian Paci, unendo alle tracce iconografiche spunti di riflessione filosofica sui temi dell’esperienza, empatia, resilienza e sui parametri di prossemica e distanza.

A tal proposito, il concetto di “avventura”, con chiaro riferimento alla nota pellicola del 1960 di Michelangelo Antonioni, apre provocatoriamente e accompagna l’intervento, parlando del primo dei tre film che il regista dedica al tema della incomunicabilità: un aspetto cruciale del nostro tempo, visualizzato e analizzato dalle opere selezionate nella conferenza, che proprio perchè nate dall'uomo, trattano del suo essere in relazione con l'altro; e al contempo, come la parola "avventura" etimologicamente ci suggerisce, tali immagini dichiarano come l’arte sia ancor oggi medium, transito, viatico necessario per superare una dimensione egoistica e sterile ed entrare in una reale empatia con l’altro.

Un percorso che richiede, tanto per l’artista quanto per lo spettatore, sempre più chiamato ad essere attivo fruitore dell’opera, un vero e proprio viaggio di formazione quale imprescindibile occasione di riconoscimento e ritrovamento dei valori di solidarietà, bellezza, spiritualità: un viaggio che contempla l’isolamento necessario per la concentrazione, l’attesa e l’esitazione alla base della scelta e dell’azione, il silenzio che precede la parola, la rinuncia che annuncia l’incontro. Arte, dunque, come metaforica visualizzazione e fondamento dell’avventura piena ed irrinunciabile della vita.

Gli artisti, le opere

La prima sezione affronta l’avventura dell’opera che si estende nello spazio, diventa ambiente, contenitore di relazioni, tra prossemica e distanza: necessario l’avvio con il noto Ambiente a luce nera di Lucio Fontana del 1949, tra le prime esperienze di “luogo” di esperienza e di riflessione sulla propria solitudine, nell’incontro possibile con l’altro, come lo stesso Fontana rileggeva nel 1961, scrivendo a Enrico Crispolti.

Da Fontana a Rothko, da Barnett Newman ad Anselm Kiefer, da Paolo Scheggi a Ugo La Pietra, le immagini dimostrano come, nel superamento bidimensionale dell’opera, verso la sua estensione ambientale, gli artisti offrano luoghi visuali ed emozionali dove fare esperienza di sé, immergersi nel proprio io per emergere in un confronto con l’altro arricchito, anche della solitudine.

Dall’ambiente come luogo costruito, più o meno indirizzato, di esperienza, empatia e relazione, al corpo come zona franca di sperimentazione: le azioni di Marina Abramovič compiute con Ulay discutono i confini e i limiti dell’io rispetto all’altro, del dare e dell’avere, del donarsi e del ricevere: ora attraverso la perdita delle certezze acquisite e dei limiti imposti, ora con la possibilità di entrare, empaticamente, nella pelle dell’altro, mediante il gesto, l’azione, l’intervento fisico e l’esperienza. Un percorso che diversamente viene compiuto, e offerto allo spettatore, anche da altri artisti, da Louise Bourgeois a Sophie Calle a Zhang Huan.

Con questi autori si apre il terzo percorso, che prova ad indagare, in questa direzione, il conflitto tra civiltà e culture differenti, la migrazione, la transculturalità, attraverso le indagini di Doris Salcedo, Adrian Paci e Bill Viola. Se in Turn On, uno dei video più toccanti dell’artista albanese, l’accensione di una lampada per ogni volto di lavoratore disoccupato mette in luce una attesa di incontro che non è, solamente, mero aiuto, ma richiesta di empatia e ascolto, la citazione dell’antico, l’indagine sulle passioni, dalla tragedia greca a Charles Le Brun, e l’uso altissimo di ombra, luce, diafano e trasparenza in Bill Viola sono strumenti straordinari per offrire all’uomo del XXI secolo, attraverso l’emozione visuale, un percorso di formazione che lo porti a un rinnovato incontro con il proprio credere e sentire – nella piena, empatica condivisione con l’altro.

Caratteristiche dell'evento

Inizio evento Mercoledì 30 Gennaio 2019 | 17:45
Luogo Aula Magna Università Cattolica