Le nuove frontiere e i limiti della cura

Le nuove frontiere e i limiti della cura

Nel quadro degli incontri promossi dall'Accademia cattolica sul tema: Verso quale umanesimo?, il 19 marzo 2016 si tiene un incontro in Poliambulanza sul rapporto tra curare e prendersi cura, dal titolo: “Le nuove frontiere e i limiti della cura”. Intervengono il Dott. Ottavio di Stefano, Presidente dell’ordine dei Medici chirurghi e degli odontoiatri della provincia di Brescia e il Dott. Pierangelo Lora Aprile, medico di medicina generale, segretaridell’Associazione nazionale di medicina generale, nonché segretario scientifico e responsabile nazionale dell'area cure palliative.

Curare e prendersi Cura
Pierangelo Lora Aprile
Medico di Famiglia – Desenzano del Garda (Brescia)
Segretario Scientifico e Responsabile Nazionale Area Cure Palliative della Società Italiana di Medicina Generale e celle Cure Primarie

Come Medico di famiglia mi chiedo, a fronte di un fallimento terapeutico, “che cosa è andato storto?”. Sono consapevole del mio ruolo di medico “generalista” che ha, tra gli altri, il compito di orientare la cura secondo una visone olistica, ricomporre la frammentazione propria dell’approccio specialistico, focalizzare l’attenzione sulla variabilità dei malati piuttosto che sulle molteplici malattie, tuttavia in qualche caso “qualcosa va storto”. La risposta a questa domanda, potrebbe sembrare scontata: spesso i medici compiono errori di tipo clinico, molto più spesso si tratta di vizi di comunicazione. La risposta è più complessa e coinvolge il concetto di cura: “una delle modalità costitutive della relazionalità antropologica, il necessario reciproco affidarsi degli uomini come esseri indigenti”. Coinvolge l’intera società che oggi sostiene una medicina senza limiti, che cerca un medico onnipotente, che non riconosce l’umana fragilità, la possibilità di non guarire e di arrendersi ad un certo punto per arrivare con dignità di Uomo al compimento della vita. E’ in gioco una immagine dell’umano che condiziona la dignità umana alla presenza di alcune qualità (salute, autonomia, performances) piuttosto che al valore intrinseco all’uomo come persona. Di tutto ciò alcuni medici spesso non ne sono coscienti, anzi, oltrepassando le frontiere di ciò che è umanamente lecito, alimentano false speranze, dispensano costose terapie, omettono le Cure efficaci che invece debbono rispondere ai bisogni profondi dell’essere umano e che inevitabilmente affiorano, a volte, solo al tramonto della vita.


Ottavio di Stefano
Già Dirigente Medico di II livello con incarico di Direttore-

Primario di Struttura Complessa di Medicina Interna Presidio Ospedaliero di Montichiari A.O. Spedali Civili di Brescia Già coordinatore della commissione di Bioetica dell‘Ordine dei Medici della Provincia di Brescia, Già membro del Comitato Etico dell’A.O. Spedali Civili di Brescia, Presidente Ordine dei Medici e degli Odontoiatri della Provincia di Bresciadal gennaio 2012 a tutt’oggi.

“Le nuove frontiere e i limiti della cura”

Mi permetto invertire i termini del titolo.

Il primo limite, che nasce solo dall’esperienza professionale, è “la coscienza del mio limite”. Tutte le mattine, per decenni, ho affrontato il mio lavoro con la speranza di sbagliare il meno possibile e di capire dai miei errori, inevitabili, come non ripeterli.

Il tempo. Di fronte al malato, indipendentemente dal setting di cura, il tempo è diventato una variabile dominante. E’ il segno tangibile della ristrettezza delle risorse a fronte della tumultuosa e rapida evoluzione della medicina che agita il dibattito in letteratura dove troviamo, però, ipotesi e prospettive di soluzione.

Il burnout. Non se ne parla, ma il problema del “bruciarsi del medico” è il sintomo eclatante di una crisi che riguarda l’organizzazione asincrona rispetto all’evoluzione ed alle nuove possibilità che il sapere ci offre o ci impone.

Il paziente esigente. I media ci presentano una medicina che cura e guarisce tutto. La realtà quotidiana al letto del malato è ben diversa. E’ una realtà fatta spesso di sconfitte, di aspettative tradite, di traguardi modesti, di “giorni chiusi al futuro”.

La malattia ed il malato. La relazione è in crisi? Le nuove frontiere.

La tecnomedicina, come la chiama Giorgio Cosmacini, negli ultimi quaranta anni ha determinato uno straordinario miglioramento della diagnosi, della terapia, della qualità di vita e della prognosi dei nostri malati. Una rivoluzione apprezzabile perfino nel tratto effimero di una vita professionale. Grandi benefici prodotti dalle macchine, dai fini mezzi diagnostici, dall’esplorazione e conquista dell’impensabile, come la conoscenza del genoma e le conseguenti prospettive della “Precision Medicine”, che può predire il “tuo” futuro. L’evoluzione dei sistemi informatici applicati alla medicina, che alcuni considerano prossimi all’intelligenza artificiale.

Quindi la relazione con il malato è (quasi) inutile? Di fronte alla predominanza apparente della tecnologia il rapporto con Lui o con Lei che ti si affida diventa, se si potesse dire, ancor più fondamentale. Insieme dobbiamo affrontare la vastità delle scelte che la medicina oggi ci propone. Grandi sconosciuti maestri hanno insegnato alla mia generazione che non si cura la malattia, ma il malato. Quell’unica, inimitabile persona che abbiamo il privilegio di accompagnare anche in percorsi di dolore. Quella persona cui dobbiamo rispetto, rispetto che vuol dire indispensabile competenza, ma che non si può realizzare senza una “relazione gentile” che non è un di più, ma un dovere assoluto per chi sceglie di fare questo nostro lavoro.

Caratteristiche dell'evento

Inizio evento Sabato 19 Marzo 2016 | 9:00
Luogo Sede Accademia Cattolica