Interculturalità, sfida possibile per la città
È una sfida difficile, «per ora certamente non vinta», quella di fare di Brescia la città capofila in Italia di «un nuovo modello di interculturalità». Una sfida urbanistica, sociale, culturale, amministrativa, sulla quale il sindaco Emilio Del Bono si dice ottimista:«La nostra società è matura, il momento per provarci è questo perché la tendenziale stabilizzazione demografica degli ultimi anni ci regala un’opportunità».
Il sindaco ne ha parlato a lungo ieri, nella sede dell’Accademia Cattolica di Brescia in via Gabriele Rosa, durante l’incontro di presentazione del libro «Per una città interculturale e interreligiosa», edito da Morcelliana e curato da mons.Giacomo Canobbio, direttore dell’Accademia. Il volume raccoglie i frutti del lavoro pluriennale e multidisciplinare di un gruppo di borsisti dell’ente,che hanno riflettuto - come hanno spiegato mons. Canobbio e la presidente Francesca Bazoli - «su come costruire una mentalità grazie alla quale le molte religioni presenti a Brescia possano vivere insieme, arricchendosi reciprocamente».
Dal laboratorio è nata una proposta urbanistica, per la realizzazione nello spazio vuoto di largo Formentone di un edificio «multifunzionale, connesso all’esterno, dinamico e accessibile» che possa divenire luogo di dialogo tra le culture. Maurizio Tira, il nuovo rettore dell’Università degli studi di Brescia, ha coordinato la parte urbanistica della ricerca. Ieri ha sottolineato il rapporto che intercorre fra integrazione e qualità urbana: «Una mancata integrazione si lega spesso ai luoghi in degrado: ma ci sono canoni minimi di qualità sui quali è possibile trovare un accordo, recependo le nuove sensibilità delle altre culture», e assecondando i cambiamenti sociali con mirati interventi di rigenerazione urbana.
La sfida.
Il sindaco Del Bono ha
raccolto la sfida, partendo da
alcuni dati: «Da tre anni la popolazione di Brescia cresce di
circa mille unità all’anno: tra
essi,la percentuale degli immigrati appare in calo costante».
Una stabilizzazione forse momentanea, ma che consente di
affrontare più pacatamente i
problemi.«La domanda di fondo è se vogliamo lo scontro fra
culture, o l’impegno per una
convivenza pacifica. È un tema che non è sciolto», sul quale Brescia, secondo il sindaco,
può fare un salto di qualità:
«Nel Carmine è già in atto un
processo di convivenza. Servono ora risorse pubbliche che invoglino il mercato
a investire in aree
meno "convenienti": è quello che stiamo facendo per via
Milano».
C’è poi «la sfida sociale e culturale», da giocare soprattutto nella scuola.Gli immigrati, infine, «devono entrare nella dinamica delle decisioni e del governo della città. Avviene a Brescia nei consigli di quartiere: nessun’altra città italiana si è spinta così avanti».